n. 427 settembre/ottobre 2012 - LONDRA 2012

Londra come modello per le trasformazioni urbane del XXI secolo, è questa la sfida lanciata dal governo britannico con l’ambizioso progetto per i Giochi Olimpici 2012.
Un progetto che si fonda su un’idea olistica di sostenibilità, in grado di integrare salvaguardia ambientale, esigenze economiche, equilibri sociali, uso efficiente delle risorse energetiche e qualità dello sviluppo urbano, e che si pone come sperimentazione consapevole sui temi del progetto della città e del paesaggio contemporanei. Come il quartiere di South Kensington, realizzato in occasione dell’Esposizione universale (Great Exhibition) del 1851, ha tracciato le linee di sviluppo di uno dei quartieri più rappresentativi di Londra, il Queen Elisabeth Olympic Park potrà forse costituire un riferimento d’eccellenza nel disegno urbano e nel progetto degli spazi pubblici, indicando nuove strategie di gestione dei sempre più complessi interventi di riqualificazione urbana.
A conclusione della prima fase dei Giochi, seppure è prematuro un giudizio, visti i tempi lunghi del progetto complessivo di cui è previsto il completamento nell’arco dei prossimi 20 anni, si può comunque rilevare l’avvio di una diversa sensibilità e di un nuovo approccio alla costruzione della metropoli contemporanea in chiave concretamente sostenibile.
Già dalla scelta della localizzazione dell’intervento, all’interno dell’immensa e controversa area dell’East End londinese, si riconosce, infatti, una precisa volontà in questa direzione. Vicinissima alla stazione ferroviaria di Stratford e al City Airport, molto ben connessa, sia a livello nazionale che internazionale, con varie linee della metropolitana e ferroviarie che l’attraversano, è apparsa quasi subito come luogo ideale; ampio spazio, buona connettività, forte domanda da parte del mercato costituivano un’opportunità che il governo britannico e la municipalità di Londra, di concerto con le esigenze del mercato immobiliare, non si sono lasciate sfuggire. Una delle partite più difficili si sarebbe giocata, infatti, a livello organizzativo.
Oltre a un’indispensabile unità d’intenti delle autorità, a tutti i livelli, con obiettivi precisi e ruoli chiari, era necessario concordare, a monte, procedure straordinarie partecipate da tutti i soggetti interessati, pena l’inattuabilità di un processo di tale complessità.
Un altro aspetto di rilievo, forse l’elemento di maggiore novità nel settore della pianificazione, riguarda la scelta di strategie operative in grado di mettere in moto il post-Olimpiadi e garantire il successo della sua integrazione urbana. In questo caso, il tema della partecipazione, con il meccanismo del delivery partner, da parte del privato al processo di gestione del progetto, è stato determinante. Le strategie messe in atto prevedono, infatti, uno sviluppo fatto per fasi temporali successive, nell’arco di vent’anni, attraverso investimenti sia pubblici che privati, ma all’interno di un disegno comune. Per la prima volta un masterplan olimpico è stato redatto tenendo conto di due piani complementari: quello necessario al progetto del Parco Olimpico e quello successivo (Legacy Masterplan) per trasformare il parco in un vero e proprio “pezzo di città”. Una scelta che caratterizza tutta la strategia olimpica londinese e che vede quale elemento imprescindibile l’intervento privato all’interno di un sistema infrastrutturale pubblico fatto di strade, parchi, viali e di un’importante rete di connessioni metropolitane e ferroviarie. Infine, oltre all’attenzione per la massima riduzione dei consumi di energia con precisi protocolli imposti a ciascuno dei cinquanta progetti, edifici e infrastrutture, del programma, va sottolineato il tema della sostenibilità sociale del progetto, quello su cui si giocherà il reale successo dell’operazione.
L’idea guida delle scelte insediative è creare un tessuto urbano fatto di strade, piazze, spazi pubblici, case, con quella continuità percettiva che si pone alla base di qualsivoglia appartenenza urbana.

SOMMARIO

LA SFIDA DELL’EAST END PER LONDRA 2012: INTERVISTA A RICKY BURDETT- Pag. 4
LONDON 2012. THE GREAT LEAP EASTWARDS: INTERVIEW WITH RICKY BURDETT
Marco Maretto

LONDRA 2012: UN MODELLO PER LE TRASFORMAZIONI URBANE DEL XXI SECOLO - Pag. 14
LONDON 2012: A MODEL FOR THE XXI CENTURY CITY
Marco Maretto

POPULOUS ARCHITECTS - Pag. 40
Stadio Olimpico
Olympic Stadium

ZAHA HADID ARCHITECTS - Pag. 46
Stadio del nuoto
Olympic Aquatics Centre

HOPKINS ARCHITECTS- Pag. 54
Velodromo
Velodrome

MAKE ARCHITECTS, ARUP & PARTNERS, PTW ARCHITECTS- Pag. 62
Stadio della pallamano
Handball Arena

AHMM - ALLFORD HALL MONAGHAN MORRIS - Pag. 68
Campus scolastico
Chobham Harris Academy

HARGREAVES ASSOCIATES, LDA DESIGN - Pag. 74
Parco olimpico “Queen Elizabeth”
Queen Elizabeth Olympic Park

ANISH KAPOOR, CECIL BALMOND, ARUP AGU, USHIDA FINDLAY ARCHITECTS - Pag. 82
Torre panoramica
ArcelorMittal Orbit


FLETCHER PRIEST, ARUP, WEST 8, GUNTER VOGT - Pag. 88
Villaggio Atleti
Athlete’s Village

ARGOMENTI - Pag. 100
Serpentine Pavillon 2012
13.ma Biennale di Architettura di Venezia. I mille volti del Common Ground di David Chipperfield
Il Padiglione Italia alla 13.ma Biennale di Architettura
Premio Medaglia d'oro all'Architettura italiana - Triennale di Milano
L'idendità dell'architettura in Sardegna
Tredicesima Triennale Mondiale di Architettura di Sofia
Riqualificazione ambientale e nuovi modelli di gestione nel progetto della via Pedamentina a Napoli
Ancora sull'autonomia dell'architetura
Il palazzo Enel di Gigi Ghò a Cagliari