Centri storici minori: laboratori per abitare il futuro
saggio introduttivo
Alessandra Battisti
Attualmente circa il 28% della popolazione dell’UE vive in aree interne rurali, il 31,6% abita in piccole città e aree suburbane e il restante 40,4% è concentrato nelle città. Nei prossimi decenni lo spopolamento interesserà i centri storici minori europei, seguendo due modalità: la prima causata dall’emigrazione di una classe demografica in età lavorativa verso le città, la seconda collegata al progressivo invecchiamento della popolazione, fenomeno accompagnato da un basso tasso di natalità. Nonostante lo spopolamento sia considerato un sintomo e non una causa del declino dei centri storici minori, spesso dovuto alla scarsa accessibilità delle aree stesse e alla mancanza di opportunità economiche, esso rappresenta uno dei principali fattori su cui è necessario affrontare e gestire la complessità della trasformazione, valorizzazione e rilancio di questo patrimonio architettonico inestimabile. Per passare in rassegna alcune delle strategie europee possiamo notare come in Francia gli strumenti operativi sono rappresentati dai “Contratti di reciprocità”, che assumono la forma di un contratto tra i centri storici e le campagne circostanti volto a migliorare la sostenibilità dei servizi rurali, dello sviluppo economico e dell’ambiente. Su un altro spartito si muove il modello del “Service Design” nel Belgio delle Fiandre occidentali, dove troviamo una strategia mirata a migliorare la mobilità nei comuni coinvolgendo i cittadini nei processi decisionali. In Svezia si sta puntando a incrementare i servizi nei centri interni e rurali, sostenendo azioni volte a promuovere l’accessibilità ai servizi pubblici e privati. Le politiche spagnole si configurano come un approccio integrato a sostegno delle infrastrutture rurali e di una vasta gamma di servizi rurali, nonché dello sviluppo economico a contrasto dello spopolamento. Molti centri storici minori italiani possono essere descritti in termini di capitale territoriale non utilizzato che la decrescita economica e l’emigrazione si sono lasciate alle spalle sotto forma di “paesaggi dell’abbandono”: sistemi semi-naturali non più utilizzati, capitale edilizio in disuso, conoscenze tradizionali non più attivate.