Con 500.000 abitanti in città e 1.700.000 nella regione, Copenaghen è oggi un modello unico.
L’attenzione per l’ambiente urbano è in costante crescita insieme al ruolo economico che le attività del settore edilizio hanno nel paese. Un aspetto interessante è che la trasformazione urbana può contare su una più generale e consapevole trasformazione dei modi d’uso e delle abitudini quotidiane e sulla piena collaborazione dei cittadini, impegnati in prima linea a ridurre le emissioni inquinanti con comportamenti virtuosi e soprattutto rinunciando sempre più a usare l’automobile privata a favore del mezzo di trasporto pubblico. Una filosofia di vita che per la municipalità è diventata una forma di investimento in ambiziosi progetti di riqualificazione urbana sia al centro che nella aree periferiche.
A cominciare dallo smaltimento dei rifiuti, trasformati in energia nei numerosi termovalorizzatori presenti in città, per proseguire con il potenziamento della rete del trasporto pubblico e l’incremento delle piste ciclabili, che oggi raggiungono uno sviluppo capillare di oltre 400 km. Per non parlare degli spazi pubblici pedonali (oggi più di 100.000) presenti in ogni zona della città che, a partire dagli anni Sessanta con la prima, più grande area pedonale d’Europa – Stroget – fanno di Copenaghen un’antesignana nel pensare la città in funzione del pedone.
Entro il 2025, secondo il programma dell’attuale sindaco: “tre quarti dei residenti dovrà muoversi a piedi o in bicicletta, con un ritmo più rallentato ma più sano e felice”. Per una vera slow city la velocità ideale è 5 km/h. Quello che in molte città europee è un progetto futuribile, a Copenaghen è già realtà. La città, come affermato nei documenti ufficiali, “si sforza di raggiungere la più alta qualità architettonica possibile a tutte le scale!“.
A Copenaghen hanno sede i principali studi danesi di architettura; il numero di realizzazioni negli ultimi anni è così ampio da obbligarci ad aggiornamenti continui. L’editoriale di Arkitektur DK 2/2012 parla di una “nuova ondata” e di una “tendenza pragmatica” per definire quanto sta avvenendo con i nuovi protagonisti, per lo più giovani e intraprendenti architetti. Tutto questo presuppone un dialogo vivace e proficuo tra professionisti, imprenditori, investitori, tecnici e politici dell’amministrazione pubblica. In questo clima di “disinvolta, contagiosa euforia”, non poteva dunque mancare un numero della rivista su Copenaghen, attraverso il quale conoscere i progetti più recenti ma soprattutto capire come l’architettura possa ancora svolgere un ruolo decisivo nella costruzione di una città e di una società migliori.
SOMMARIO
DISINVOLTA EUFORIA – Pag. 4
Andrea Vidotto
LA SPERIMENTAZIONE ARCHITETTONICA E URBANA NEL NUOVO QUARTIERE DI ØRESTAD – Pag. 16
Domizia Mandolesi
L’università sorge su un lotto regolare e si sviluppa su un impianto planimetrico relativamente compatto. Affacciandosi sul canale artificiale Emil Holms Canal vicino ad altri esempi di architettura contemporanea, il volume edilizio segue l’andamento dell’acqua lasciando una grande area destinata a parcheggio sul retro.
La pianta a H spuntata genera due vuoti esterni, chiusi su tre lati, che costituiscono gli ingressi principali e si caratterizzano come piazze aperte verso il tessuto urbano circostante. Un involucro trasparente continuo caratterizza i prospetti esterni, caratterizzato dalla ripartizione a strisce orizzontali vetrate che corrono parallele per quattro piani dei lati lunghi del corpo di fabbrica. Una fettuccia continua, materica, emerge con il suo corto aggetto dalle facciate, disegnando una piega lineare che dalla copertura scende verticalmente e risvolta sulla fascia basamentale. Da questa interruzione nasce l’attacco a terra dell’edificio, costituito da un piano terra a doppia altezza con pilotis strutturali che alleggeriscono il peso del volume superiore. L’immagine complessiva è introversa poiché generata da una successione monotona di visuali prospettiche dalla strada, ma entrando nell’edificio si apprezza una trasformazione inattesa, lo svuotamento dell’invaso centrale dell’Università.
Lungo la sponda dell’Inberhaven, dove la città incontra il porto e apre la visuale verso quel sottile lembo di mare chiamato Sound che delimita il confine naturale tra la Danimarca e la penisola scandinava, al limite del quartiere ottocentesco Frederiksstaden, cuore romantico di Copenhagen, sorge la Playhouse, il Teatro Reale di Danimarca. I danesi Lundgaard & Tranberg hanno realizzato questa “macchina per il teatro” che plasma tre spazi con differenti usi, trattati con forme e materiali differenti, in un unico ed elegante involucro sospeso sulle acque del canale. Modellate insieme, le tre funzioni principali sono distinte in un’unica massa architettonica. Il progetto muta radicalmente il waterfront della città, avanzando sull’acqua dove poggia per oltre il 40% della superficie.
La frattura che crea nel fronte urbano è ricucita attraverso un percorso che si apre in una terrazza adagiata sulle acque del canale e prosegue a Nord, verso il porto.
Su una spianata ampia e verde, attraversata da numerosi canali, il Boligslangen delimita lungo il fronte sud-est la zona universitaria di Orestad, a Copenhagen. L’intervento è semplice in planimetria: un elemento sottile di spessore costante che, piegandosi in modo irregolare, tende a formare due semicorti contrapposte. Questa piegatura diventa anche un espediente per garantire la minore introspezione possibile tra le singole unità abitative, tutte dotate di ampi affacci su vuoti di grande respiro. L’impianto risulta tripartito in macrosettori distinti: l’edificio è interrotto infatti in due punti da tagli netti del volume.
Questa suddivisione permette anche progettazioni distinte che sanno però mantenere un forte carattere di identità e continuità. Ci soffermiamo qui sulla porzione più a sud, dello studio danese Domus Arkitecter. La tipologia è una rivisitazione del ballatoio, che i si distacca dalla facciata trasformandosi in un secondo strato accostato a essa. Sdoppiamenti e accostamenti in sezione vanno a creare ambiti semiprivati all’aperto, parti di ballatoio più ampie diventano cosi piccole terrazze, balconi verdi, aree di sosta, in generale spazi di incontro e di condivisione tra gli abitanti.
La successione di spazi fra le residenze progettate dallo studio Vandkunsten è un sistema narrativo, che racconta il carattere portuale dell’intervento in una progressione di ibridazioni del rapporto fra città e acqua. Un’isola artificiale occupa la porzione d’acqua proposta dal concorso, su cui poggiano quattro dei sei edifici lineari attestati su un percorso che cerca una profonda e complessa interrelazione fra l’acqua e il suolo. La rete di spazi che innerva gli edifici residenziali smaglia la linea di costa per ridefinirla come una soglia che media il passaggio fra città e acqua.
L’impianto generale, dato dalla ripetizione in serie di sei edifici lineari con altrettante piazze connesse longitudinalmente da un percorso, e la stessa composizione dell’edificio per accostamento di moduli, subiscono sottili alterazioni per la presenza dell’acqua: il basamento e gli edifici si scavano su un lato, liberando uno spazio vuoto continuo, dell’altezza di un piano, che corre fra il percorso centrale e il mare.
Lo “sfogliamento” del piano di appoggio costruisce una stratificazione che assume l’acqua come materia dello spazio pubblico, la modella e la solca attraverso i moli e produce un sistema di piazze su tre livelli: il piano dell’acqua, praticabile per sport e attività balneari, il livello dei moli, filtro fra il mare e la città, e il livello urbano, dove sono collocati gli accessi agli edifici.
L’edificio scolastico, costruito nel nuovo agglomerato urbano di Ørestad e situato nella parte centrale del distretto denominata Ørestad City, è allineato lungo l’Ørestad Boulevard, l’asse d’accesso principale al nuovo insediamento. Il progetto, frutto di un concorso internazionale a inviti del 2003 vinto dal gruppo danese 3XN, è perfettamente in linea con le ambizioni del contesto, che mirano alla creazione di un ambiente urbano di qualità, ottenuto attraverso una forte sperimentazione architettonica.
Principio ispiratore del progetto è infatti la volontà di rinnovamento tipologico dell’edificio scolastico, reso impellente da una riforma strutturale del sistema educativo danese, che mira al superamento del concetto tradizionale di didattica e propende verso una concezione che pone la comunicazione, l’interattività e la sinergia al centro del percorso educativo.
L’esterno dell’edificio si presenta come un volume parallelepipedo di base quadrata, i cui prospetti sono articolati dall’aggetto dei solai che si interrompono in corrispondenza dei grandi spazi interni a doppia e tripla altezza, creando ampie vetrate.
Lo schema funzionale prevede la massima apertura e flessibilità degli spazi, personalizzabili in base alle esigenze, consentendo la creazione di aree per attività individuali, aree di gruppo e aule digitali. Tale struttura innovativa, che esclude la presenza di aule tradizionali, pone le basi per una didattica interdisciplinare e per un uso esteso dell’Information Technology.
Il progetto di riqualificazione urbana della piazza d’America, zona portuale Søndre Frihavn di Copenaghen, si basa sul masterplan dell’architetto olandese Adriaan Geuze dello studio WEST 8. La progettazione dei singoli edifici è stata successivamente affidata a diversi studi di architettura: Il contributo dello studio C. F. Møller consiste nella realizzazione di un sistema che comprende due edifici residenziali, la ricostruzione della vecchia stazione ferroviaria e la localizzazione dei parcheggi a quota interrata. L’ex area industriale del porto diventa così un tessuto urbano, dotato di residenze, servizi e spazi collettivi, progettato con particolare attenzione nei confronti delle necessità del singolo e della collettività. Il Nordlyset si caratterizza per un’accurata progettazione, che vede lo spazio privato fondersi con la sfera semi-pubblica e pubblica.
L’area in cui ora sorge Emaljehaven, nel quadrante nord-ovest di Copenhagen, ospitava un impianto industriale dove si producevano container di metallo. Al suo posto, la lunga stringa del complesso residenziale si estende in modo deciso per 230 metri sulla Rentemestervej.
L’edificio in linea, con un corpo di fabbrica di 11 metri alto 18 metri, che si ripiega a formare una corte giardino e una piazza pubblica, sviluppa 18.900 mq di superficie lorda edificata e contiene 192 unità abitative, i servizi e un parcheggio per 124 vetture. Una scelta chiara ed evidente si concentra sui ritmi delle facciate. Mentre i prospetti che si rivolgono sulla strada sono lisci e “impermeabili” per l’assenza di aggettivazioni, quelli che dialogano con la piazza e la corte-giardino sono arricchiti da balconi e verande che ne movimentano i ritmi. Nell’affaccio sulla piazza si concentrano invece le eccezioni progettuali come l’accesso principale alla corte, inquadrato da un portale a doppia altezza, largo trenta metri e sorretto da pilastri. Alla corte-giardino si accede anche attraverso due aperture sul lato lungo e sul braccio finale.
La sede danese del gruppo finanziario SEB si trova nella città di Copenaghen in un’area situata nella zona portuale di Kalvebod Brygge, fino a pochi anni fa considerata desolata e anonima, dotata di scarsa infrastrutturazione, carente di spazi per la collettività e costituita per lo più da edifici di bassa qualità architettonica. Quest’area è stata negli ultimi anni oggetto di un piano di riqualificazione, chiamato “Metropolzonen”, finalizzato ad una maggiore connessione dell’area portuale con il centro della città mediante la creazione di nuovi spazi ricreativi e del potenziamento del trasporto pubblico, dei percorsi ciclo pedonali e delle aree verdi. Gli uffici della SEB bank, due torri di dieci piani ciascuna che si levano per 44 metri di altezza, sorgono all’incrocio di due strade ad alto scorrimento immersi in uno spazio protetto dal verde ma aperto alla città alle spalle del fronte porto Kavebo Brygge.
La forma ondulata degli edifici progettati dallo studio Lundgaard e Tramberg è dettata da logiche legate alla visuale e all’esposizione solare. L’esterno è caratterizzato dalla facciata continua di rivestimento in cui pannelli isolanti color tuchese si alternano a pannelli trasparenti. Gli spazi interni sono fortemente articolati e perseguono la massima flessibilità.
L’intervento riguarda la riqualificazione di 10 edifici residenziali degli anni ‘60, la riconversione di un fabbricato in un centro polifunzionale per bambini, la costruzione di due nuovi manufatti contenenti una casa di cura e un asilo nido e la sistemazione delle aree verdi circostanti.
Dovendo intervenire su un tessuto consolidato, lo studio Vandkunsten ha mirato a modernizzare l’immagine del quartiere pur rimanendo in linea con le intenzioni originali dei progettisti. Per ottenere gli standard di efficienza energetica richiesti, agli edifici esistenti sono state sostituite tutte le tamponature esterne, ottimizzando i livelli di ventilazione e isolamento termico attraverso un nuovo rivestimento in pannelli cementizi e bucature più ampie con finestre a taglio termico. I 450 appartamenti sono stati rinnovati, personalizzati e ingranditi attraverso l’ampliamento dei balconi. Il progetto dei 2 nuovi fabbricati evidenzia una compiutezza formale che si manifesta nella pulizia del segno e scaturisce dalla volontà di ricercare un principio di dialogo-contrapposizione con le preesistenze.
Attraverso la loro forma serpeggiante, la casa di riposo e l’asilo nido riescono a immergersi nel contesto rivendicando, allo stesso tempo, la loro autonomia.
L’8 house dispone la casa a schiera, il negozio, la strada in layer orizzontali collegati da una passeggiata che, salendo dalla quota zero fino all’ultimo livello, percorre più volte il perimetro a 8 diventando parte integrante di un edificio in cui la qualità della vita di periferia incontra l’energia della grande città.
Superkilen è un parco urbano di 30.000 mq che attraversa il cuore di Nørrebro nel quadrante nord-ovest di Copenaghen, quartiere tra i più multiculturali al mondo dove si contano oltre 50 diverse nazionalità. Il progetto, frutto della collaborazione tra gli architetti di BIG, i paesaggisti di Topotek1 e gli artisti visivi di Superflex, nasce nel 2005 in risposta a un bando indetto dal comune e dall’associazione Realdania per trasformare un sedime ferroviario dismesso in un luogo urbano capace di migliorare la coesione sociale del sobborgo.
L’idea dei progettisti è stata quella di raccogliere l’intelligenza locale e l’esperienza globale di diverse nazionalità in unico spazio dove ogni etnia potesse essere rappresentata aprendo il masterplan alla cittadinanza che attraverso i giornali, la radio e internet ha suggerito oggetti di arredo urbano, selezionati nella fase finale secondo criteri di funzionalità e fattibilità.
Dopo l’Acquario di Genova e l’Oceanogràfic di Valencia, è stato inaugurato nel marzo del 2013 a Copenhagen il Den Blå Planet che, con i suoi 53 acquari, ha il primato di acquario più grande del nord Europa. Il Den Blå Planet (The Blue Planet) è il risultato di un concept progettuale partecipativo in cui sono confluite esperienze provenienti da tutto il mondo. Si presenta come un edificio identitario ma spettacolare, all’avanguardia ma economico, in linea con quanto richiesto dal Concorso (2007) vinto dallo studio danese 3XN (2008). 10 anni dopo l’incendio che ha quasi interamente distrutto l’Oceanarium di Hirtshals (1999), i 3XN si cimentano nel progetto per l’Acquario Nazionale di Danimarca. Esso rispecchia una ricerca progettuale tesa a un’architettura funzionale, che sia attenta al contesto e che soddisfi l’utenza.
Non lontano dal centro storico della città danese, il nuovo Centre for cancer and health s’inserisce in una piccola porzione di tessuto consolidato, accanto al preesistente Istituto Panum di Medicina e poco distante dall’ospedale universitario (Rigshospitalet). La struttura di piccole dimensioni, destinata alla cura per malati di cancro, è stata commissionata dal Comune di Copenaghen e realizzata nel 2011 dal team Nord Architects. L’edificio è un blocco compatto appoggiato sul terreno, sul quale si stagliano piccole strutture, assimilabili allo schema di tradizionali abitazioni. Sin dal primo impatto, presenta una configurazione poco usuale per la funzione che deve ospitare; infatti, gli architetti rielaborano la tipica tipologia della struttura ospedaliera proponendone un’ibridazione con la casa ed esaltandone l’atmosfera familiare. Il degente è un ospite che ha bisogno di cure, ma, allo stesso tempo, deve avere tutti i comfort e gli spazi che generalmente sono propri di un’abitazione. E’ per questo che l’intervento propone un diverso approccio nei confronti del malato, offrendo una grande varietà di funzioni che facilitano la socializzazione in alcuni ambienti e la riservatezza in altri. L’edificio, oltre ai locali per le terapie e alle stanze da letto, ospita spazi comuni con pranzo, cucina, soggiorno, sale hobby e aree riservate allo sport e al relax.
ARGOMENTI
– Energy al MAXXI – Pag. 110
– Per Roma Capitale Metropolitana. Le proposte di IN/ARCH Lazio – Pag.114
– Il paesaggio dell’apparenza di Bernard Lassus. I colori del Cilento – Pag. 116
NOTIZIE – Pag. 120
LIBRI – Pag. 124
CALENDARIO – Pag. 126
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