Questo numero presenta nella sesta rassegna italiana una selezione dei progetti migliori realizzati negli ultimi tre anni. “Esattezza compositiva, attenzione per i materiali e il contesto, accuratezza tecnica che diventa linguaggio espressivo, levità figurale”, come sottolinea Claudia Conforti nel saggio introduttivo, costituiscono alcuni dei caratteri distintivi della produzione recente che le architetture raccolte nella pubblicazione stanno a testimoniare. Molteplici e diversi i temi affrontati da ciascun progettista. Ad iniziare dalla sede Mateograssi a Giussano di Piero Lissoni (20), dove i riferimenti agli elementi lessicali tipici degli edifici della produzione si coniugano con una ricerca più attenta e personalizzata sul piano espressivo, che non si limita ai soli volumi edilizi ma riguarda una serie di elementi di integrazione con l’intorno. Il sistema dinamico delle relazioni che l’architettura innesca nel contesto, superando la propria oggettualità, costituisce il tema di lavoro di Labics nella Fondazione MAST a Bologna. Il tema del paesaggio, quello prezioso della campagna toscana, è al centro del progetto della cantina Bulgari a San Casciano dei Bagni dove Alvisi/Kirimoto danno prova di grande raffinatezza nel gestire in modo equilibrato i delicati rapporti tra costruito e natura. Esaltare la bellezza del paesaggio naturale, oltre ad offrire una nuova connessione stradale, è l’obiettivo del nuovo ponte sul torrente Rudavoi a Cortina D’Ampezzo di Bosoni, Florulli, Nulli, Ranza. Al tema così attuale della riconversione dell’esistente alla scala edilizia si dedicano l’edificio per uffici “La Serenissima” di Park Associati e l’Arsenale in via Tortona di Calzoni architetti. La riqualificazione urbana di aree marginali, attraverso l’inserimento di nuovi servizi catalizzatori della vita comunitaria, è invece l’obiettivo dei progetti del Polo natatorio a Mompiano di ABDA e della Cittadella dell’Edilizia a Perugia (84), di Hoflab, Hofpro e Valeria Menchetelli, un innovativo complesso realizzato con i più efficienti sistemi di risparmio energetico.
Infine, il tema della casa è al centro della ricerca progettuale condotta da Cherubino Gambardella con le abitazioni popolari a Piscinola, da Nunzio G. Sciveres con l’Housing sociale a Marina di Ragusa, da Latina/Sgariglia con il complesso di case a schiera a Tremilia (92) e da Molteni e Liverani con la casa unifamiliare a Lecco; un’abitazione monofamiliare quest’ultima, di piccole dimensioni, che si innerva nello spazio verde circostante senza sopraffarlo.
SOMMARIO
ARCHITETTURA ITALIANA TRA CIECHI E VEGGENTI – Pag. 4
Claudia Conforti
LONTANO DAL CANTIERE – Pag. 12
Lorenzo Ciccarelli
Inaugurato nel 2010 in occasione dei 130 anni di attività, il nuovo stabilimento accoglie al suo interno le 4 divisioni del gruppo che si occupa di arredi e complementi di arredo in pelle, precedentemente dislocate in altri comuni del comasco.
L’intervento può considerarsi sintomatico di una tendenza del made in Italy verso il ritorno a una visione centralizzata della fabbrica, riducendo al minimo le esternalizzazioni e concentrando la produzione in un unico complesso. Il progetto è stato curato dallo studio Lissoni Associati. Piero Lissoni è un architetto di formazione milanese, forse maggiormente noto per le sue collaborazioni in qualità di designer con marchi celeberrimi dell’arredo italiano, per alcuni dei quali ha progettato stabilimenti come la nuova sede Matteograssi, l’ultima in ordine di tempo. Il fatto di conoscere approfonditamente tutte le fasi di lavorazione di un oggetto, unitamente alla sensibilità architettonica, lo rendono un progettista particolarmente capace di farsi carico delle necessità funzionali, ma anche formali di uno stabilimento industriale.
Nel leggendario paesaggio delle Dolomiti, tra conifere lussureggianti e fantastiche pareti rocciose, corre la strada regionale 48 che tocca Cortina e il lago di Misurina, tra le più celebri mete turistiche del bellunese. In prossimità del passo Tre Croci la strada curva per scavalcare il torrente Rudavoi, oltrepassando il luogo in cui sorgeva un precedente ponte, travolto da una violenta piena nel 1997. Subito dopo il crollo il collegamento stradale fu tempestivamente ripristinato con un ponte provvisorio. A distanza di due anni, nel 1999 la Società Veneto Strade spa bandisce il concorso per la costruzione di un nuovo ponte lungo 180 metri per una spesa prevista di circa 4 milioni di euro. La costruzione sarà aggiudicata all’offerta economicamente più vantaggiosa, ma saranno fattori premiali anche la qualità della sistemazione dell’intera area di pertinenza del ponte, la rapidità di progetto e costruzione e i bassi costi di futura manutenzione. Il progetto vincitore, redatto in due versioni successive, fonde con disinvolta leggerezza l’eleganza formale del design di tradizione milanese con l’eloquente rigore tecnico-costruttivo dei grandi ingegneri italiani che hanno saputo esprimere l’ardimento tecnico del ponte traducendolo in forza espressiva.
L’architetto trentacinquenne Nunzio Gabriele Sciveres, vincitore dell’edizione 2013 del Premio Internazionale Barbara Cappocchin, è l’autore dell’opera A2M Social Housing. Si tratta di un progetto di edilizia residenziale pubblica nel quale la qualità architettonica non viene sacrificata alle esigenze del mercato e di sfruttamento del suolo. Il masterplan, infatti, riscontra tutte le necessità di progetto – economiche, ambientali, di inserimento nel paesaggio, di sperimentazione tipologica, di ricerca della qualità estetica degli spazi – concretizzatesi in una serie di layers corrispondenti alle specifiche funzioni: i volumi delle case, i giardini, i muri perimetrali delle abitazioni, il sistema dei patii e delle verande sono organizzati secondo un sistema ad incastro, che consente l’alternanza armonica delle funzioni e una conseguente ottimizzazione degli spazi. Questa complessità è stata ottenuta attraverso lo studio di dieci diverse tipologie, che compongono un complesso di venticinque unità organizzato in sei stecche abitative che si alternano al sistema dei giardini.
Nella “casa del regista” ritorna ancora l’idea tradizionale della casa-focolare, dove il generatore del progetto è lo spazio comune, un luogo che viene rinnovato ed oggi si trasforma in un ampio living.
Le quattro mura non racchiudono semplicemente uno spazio funzionale cui tornare per assolvere necessità come dormire e mangiare. Al contrario l’abitazione è concepita come un luogo accogliente, dove ricevere gli amici, senza rinunciare all’intimità familiare. Quello che è in atto è un’esplosione del cosiddetto focolare domestico riaffermando il luogo dell’incontro e dello scambio come cuore pulsante della casa; gli ambienti interni della quotidianità tendono ad essere trasformati e dilatati, prospettando una nuova architettura il cui programma richiesto dalla committenza viene manipolato in modo così razionale che la forma pare nascere dall’ideogramma funzionale. In questo modo gli Architetti Liverani e Molteni realizzano al nord di Milano una casa di campagna, dalle modeste dimensioni, che ospita differenti funzioni in un unico nucleo abitativo.
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Centoventisei alloggi serrati in un impianto che li avvolge entro uno spazio (quasi) pubblico tra due edifici che lo osservano tensivamente a distanza in un posto durissimo, una periferia che non lascia dubbi sulla difficoltà di introdurre la bellezza democratica tra la difficile vita dei suoi abitanti. Ma poiché la luce blu è quella con maggior penetrazione, quella dominante nelle grandi distese d’aria e d’acqua, eccola emergere nella composizione di quest’immagine architettonica. Il decoro ne conforma il carattere evidente per generare differenziazioni là dove altrimenti non vi sarebbe che la monotonia di una superficie liscia.
Così la forma può opporre all’unità la differenza che scaturisce dalla sua trasfigurazione. Lo sforzo è di rendere interessante (divertente direbbe lui) ciò che altrimenti potrebbe apparire noioso o significante.
Lungo la centralissima via Turati, accanto alla celebre Ca’ Brutta di Giovanni Muzio, Eugenio ed Ermenegildo Soncini progettarono nel 1962 un complesso per uffici per conto della società Campari. Abili progettisti, con all’attivo un buon numero di opere nella Milano degli anni Cinquanta e Sessanta, i due architetti impostarono una serie di corpi disposti a chiudere una corte centrale, di cui il principale, allineato su via Turati, caratterizzato dal piano terra completamente libero, che apre alla strada l’ampia corte interna. Un secondo corpo più basso, destinato originariamente ad abitazioni, chiude ortogonalmente il primo lungo via dei Cavalieri. Sia i fronti esterni che quelli interni verso la corte dei vari edifici si distinguevano per un uniforme sistema courtain-wall, composto da una scansione regolare di pilatri metallici accoppiati e da pannelli vetrati fumé. Caduto in disuso, il complesso è stato acquisito nel 2008 dal fondo immobiliare della Morgan Stanley, la quale ha immediatamente bandito un concorso per un completo restayling dei vari edifici; concorso vinto dallo studio milanese Park Associati.
Il progetto della cantina Bulgari di Alvisi Kirimoto subordina le scelte compositive sia alla funzione primaria – produzione del vino – che al prezioso paesaggio circostante, attuando una vera e propria attualizzazione della poetica funzionalista, secondo cui “ciò che è funzionale è bello”. Un unico edificio elegante e razionale ospita il trattamento della materia prima, il magazzino industriale, l’ambiente di invecchiamento, gli uffici e la sala di degustazione.
A un sistema perfettamente calibrato di percorsi è assegnata la distribuzione e la differenziazione degli spazi, che sommano a una superficie totale di 4.500 mq, disposti su tre livelli. Tutti gli ambienti godono di illuminazione naturale attraverso le finestre che ritagliano, come quadri, vedute panoramiche sulle vigne e le valli dei torrenti Paglia e Chiana.
Il complesso, adiacente allo stadio, è costruito sulle ceneri di una precedente struttura non solo obsoleta ma di intralcio alla nuova metro leggera, un’infrastruttura necessaria per innalzare lo standard dei servizi urbani. Il nuovo plesso natatorio svolge un ruolo nevralgico sia per la dotazione di servizi del quartiere che per la città ma, forte della sua strategicità, non ricorre a un linguaggio eclatante per sottolineare la propria presenza. Esternamente, la nuova struttura ricostruisce il fronte urbano del lotto mediante un articolato blocco edilizio di 84 x 42 x 9 metri, rivestito in klinker. Un composto alternarsi di bucature, talvolta filo muro, talvolta più profonde, manifesta la natura permeabile e quindi pubblica dell’edificio. Unico vezzo un volume aggettante proprio all’incrocio tra le due strade in corrispondenza della tribuna interna. Tutto il fronte Nord della piscina principale è bordato al piano terra da una fascia vetrata che lo mette in comunicazione visiva con le aree verdi esterne.
Il concorso bandito nel 2005 e rivolto esclusivamente ad architetti con meno di quarant’anni richiedeva la realizzazione di un asilo nido, di una Academy secondo un nuovo modello educativo all’avanguardia, in grado di coniugare formazione culturale e tecnica attraverso l’ausilio delle più recenti tecnologie, una galleria di 2000 metri quadrati per la ricca collezione di fotografie industriali della proprietà, un auditorium per 420 posti, una caffetteria, un ristorante, una palestra e un parcheggio multipiano sotterraneo. Un programma progettuale pensato per essere condiviso tra la fabbrica e il quartiere, in cui la prima è concepita come parte integrante del secondo, come elemento vitalizzante e dinamico sia sul piano funzionale che su quello sociale e culturale. Il progetto vincitore è firmato dallo studio romano Labics, fondato nel 2002, da Claudia Clemente e Francesco Isidori. Uno studio che coniuga una grande ricerca nei materiali e negli spazi interni con un’attenzione quasi maniacale ai dettagli e che per il MAST adotta un volume compatto e parallelepipedo che modella via via per sottrazione fino a trasformarlo in una forma sfuggente ma non casuale.
A Perugia, in un’area liminare della città, si erge un edificio dal carattere internazionale: è la Cittadella dell’Edilizia, un’unica sede che riunisce gli uffici di vari enti legati al mondo dell’edilizia, che sono i committenti della nuova costruzione. Essi, dopo aver valutato l’ipotesi di adattare un edificio preesistente alle diverse funzioni che svolge la Cittadella, optano per la totale demolizione e ricostruzione, avvenuta tra il 2007 e il 2013, di un nuovo complesso, realizzato con i più efficienti sistemi di risparmio energetico. L’innovativo progetto è firmato da HOFLAB (Paolo Belardi, Carl Volckerts), HOFPRO (Alessio Burini) e Valeria Menchetelli. Il nuovo edificio si presenta come un emergente volume contraddistinto da una forte identità urbana, che manifesta l’esemplare qualità architettonica con costi contenuti di costruzione e gestione. La cittadella vuole essere un’opera esemplare, un prodotto del buon costruire che sia da modello ai frequentatori privilegiati della “Cittadella dell’Edilizia”.
ARGOMENTI
– Tra architettura, arte e paesaggio. Le nuove iniziative della Serpentine a Londra – Pag.104
– Neuroestetica e architettura. Note al margine della conferenza di Juhani Pallasmaa – Pag. 112
– Historical Hanoi 2013: il concorso di idee per ridisegnare la capitale del Vietnam – Pag. 114
– Carmelo Baglivo. Disegni corsari – Pag. 117
LIBRI – Pag. 119
NOTIZIE – Pag. 120
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