L’emergenza causata dalla pandemia globale tuttora in corso, nel costringerci a vivere chiusi nelle nostre case, trasformate in stazioni di fortuna di una rete di relazioni stabilite esclusivamente a distanza, ci ha fatto capire che la nostra vita senza quegli spostamenti quotidiani, a volte faticosi e di routine, sarebbe privata di tutta una serie di accadimenti, occasioni di scambio e di socialità, che nell’insieme costituiscono una parte fondamentale e irrinunciabile della nostra esperienza relazionale e di conoscenza dell’ambiente che ci circonda.
La mobilità di persone e merci continua quindi ad essere una delle principali scommesse per lo sviluppo delle società contemporanee, ma con una consapevolezza in più nell’affrontare la pianificazione e i progetti futuri. Le infrastrutture ad essa dedicate rappresentano, infatti, un prezioso strumento per ristabilire equilibri sociali e ambientali troppo spesso trascurati a causa del prevalere di interessi economici e politici, un’opportunità unica per migliorare le condizioni di vita, ridurre dispersione e degrado, garantire a tutti l’uso dell’intero territorio come città.
I diversi contributi e le opere presentati in questo numero riflettono e si interrogano su queste opportunità, presentano soluzioni concrete a partire da una visione comune che vede le infrastrutture della mobilità come elementi di un sistema complesso, non separabile dai tessuti e dai territori attraversati, dai quali dipende la qualità dello spazio urbano e la vita dei cittadini.
Molteplici i temi emergenti alla luce di questa visione, che pone al centro l’infrastruttura non tanto come dispositivo tecnico funzionale ma soprattutto come manufatto in grado di costruire la forma della città secondo una logica di interconnessione che coinvolge tutte le scale. L’infrastruttura non come opera settoriale ma come parte integrante di un sistema di reti e nodi dove ciascun elemento gioca un ruolo determinate per l’efficienza del sistema complessivo, con una valenza che va dalla scala urbana e regionale a quelle nazionali e transnazionali. Sono proprio le potenzialità nella riqualificazione urbana, nella creazione di nuovi spazi pubblici e nella possibilità di rendere le città e i territori più accessibili e inclusivi espresse dalle infrastrutture di trasporto a porre questi manufatti al centro del progetto contemporaneo. Ne sono prova i numerosi interventi in tutto il mondo, da Copenaghen a Utrecht a Casablanca, da Parigi a Genova e Milano, da San Francisco a Shanghai e Shenzhen.
INTRODUZIONE – Pag. 5
Gabriele Buia
I “PONTI DELLA RICOSTRUZIONE”: UN PATRIMONIO DA SALVAGUARDARE – Pag. 6
Tullia Iori
INFRASTRUTTURE AMBIENTALI PER LO SVILUPPO – Pag. 18
Rosario Pavia
LA MANUTENZIONE COME STRATEGIA PER IL PATRIMONIO INFRASTRUTTURALE IN ITALIA – Pag. 24
Edoardo Bianchi
Il nuovo ponte sul Polcevera rappresenta un nodo fondamentale per le connessioni stradali e i trasporti di Genova, della Liguria e del territorio italiano.
In seguito al crollo del ponte Morandi avvenuto il 14 agosto 2018, la sua rapida ricostruzione si pone l’obiettivo di diventare un modello per il rinnovo e l’adeguamento delle infrastrutture italiane con un alto significato sociale, economico e strategico.
Il nuovo viadotto, attraversando l’area antropizzata della Val Polcevera, assume il carattere di un “ponte urbano”. Questa condizione ha caratterizzato la progettazione rendendola attenta non solo all’infrastruttura in sé ma anche alla forte relazione con il contesto circostante. Il ponte si poggia al suolo tramite 18 pile in cemento armato a sezione ellittica di 4,00 metri per 9,50 metri, con un passo costante di 50 metri, ad eccezione delle tre campate centrali, che hanno un passo di 100 metri. Dal punto di vista strutturale e antisismico, l’impalcato è “isolato” rispetto alle pile attraverso l’utilizzo di apparecchi di appoggio che consentono al ponte di “respirare” senza che vi sia alcuna influenza sulla sua stabilità e resistenza. Il viadotto ha una sezione curva, alta complessivamente 4.80 metri in mezzeria, realizzata con una struttura mista acciaio-calcestruzzo.
L’ALTERNATIVA A DUE RUOTE PER GLI SPOSTAMENTI IN CITTÀ – Pag. 36
Alessandra De Cesaris
Il Climate Adaptation Plan, piano di adattamento ai cambiamenti climatici adottato nel 2011 dalla città di Copenaghen, ha previsto la realizzazione di spazi pubblici in grado di accogliere percorsi ciclo-pedonali e bacini idrici superficiali che riqualificano la città rendendola più verde e al contempo limitano il rischio inondazione. All’interno di questo scenario importanti progetti promuovono la mobilità ciclabile e l’utilizzo del trasporto pubblico come Karen Blixens Plads e Køge Nord Station.
Karen Blixens Plads è una delle più grandi piazze di Copenaghen ed è situata nel Campus Sud dell’Università. Rappresenta al contempo un parcheggio per 2000 biciclette e un rain garden.
Køge Nord Station, nuova stazione ferroviaria nel comune di Køge, include un ponte pedonale e aree verdi con parcheggio per automobili e biciclette.
Il parcheggio per biciclette alla Stazione Centrale di Utrecht occupa un’area complessiva di 21.373 m2 e una diffusa segnaletica digitale di 161 elementi segnala i posti liberi e quelli occupati piano per piano. In un lotto stretto e allungato, sotto la piazza della Stazione, sono stati creati, e cromaticamente contraddistinti e individuati da tre colori, tre livelli: il livello 0 di colore rosso, di ingresso/uscita dalla strada pubblica con rampe di lieve pendenza verso le due direzioni opposte Moreelsepark e Smakkelaarsveld; il livello 1 di colore giallo; il livello -1 di colore verde, collegato direttamente alla banchina dei treni. Agli stalli, organizzati a pettine, a due posti con biciclette sovrapposte in verticale, si accede da corsie laterali secondarie, ortogonali ai percorsi principali. I posti – biciclette sono in totale 12.500, risultando essere così il più grande parcheggio custodito e coperto di biciclette al mondo.
GRAND PARIS EXPRESS. UN’INFRASTRUTTURA PER LA MOBILITÀ E LO SVILUPPO TERRITORIALE DIFFUSO – Pag. 66
Pascal Federico Cassaro
Il Salesforce Transit Center di San Francisco è un nodo della rete del trasporto pubblico che introduce nel tessuto urbano due livelli distinti di attività e funzioni. Da un lato è una stazione multimodale che attiva relazioni di scala territoriale; dall’altro è un luogo della vita pubblica che si lega alla dimensione sociale e alla scala locale del quartiere e della città.
La stratificazione del corpo di fabbrica, risolta in uno spessore uniforme che varia nella scansione interna dei piani, ospita le funzioni legate al trasporto; la copertura verde abitata è la quinta di attività legate alla vita comune e allo svago.
Il programma comprende un terminal bus dislocato tra la quota urbana e il terzo livello, spazi commerciali e uffici al secondo livello, la grande hall di accoglienza al piano terra e, nel sottosuolo, la stazione ferroviaria, che entrerà a pieno regime entro il 2025.
La copertura attrezzata è accessibile dalla quota urbana tramite connessioni verticali mentre la comunicazione con la Torre Saleforce, degli stessi Pelli Architects, è risolta attraverso un collegamento in quota che ricompone tetto verde e grattacielo in un unico sistema.
Il progetto rappresenta un grande polmone di “verde artificiale” attrezzato in un’area metropolitana densamente costruita e abitata, il quartiere Nanshan di Shenzhen.
La natura del sottosuolo, un profondo e compatto banco di granito, non consentiva operazioni di scavo per cui parcheggi, infrastrutture e servizi sono stati costruiti al di sopra di tale livello, per due piani e un’altezza non superiore a 10 metri in due aree gemelle rettangolari, circondate da larghe strade carrabili e da alti edifici a uso residenziale e terziario. Il sito è stato diviso in tanti piccoli lotti progettati da studi professionali di Shenzhen, Shanghai e Pechino.
Sono stati realizzati un bus terminal, un parcheggio meccanizzato per 300 auto, botteghe artigiane, un centro fitness e wellness, studi professionali, studi di design e atelier di moda. Ciò che contraddistingue questo luogo è il continuo susseguirsi di corti e cortili intorno ai quali si sviluppano funzioni di ogni tipo.
Il progetto della nuova Stazione di Ostenda rappresenta il fondamentale tassello dell’ampio processo di riqualificazione del lungomare della città belga, in grado di coniugare il riordino del tessuto urbano con la realizzazione di un hub intermodale.
Ricollocare i parcheggi per le auto e le biciclette, costruire nuovi terminal per tram e autobus, ristrutturare e ampliare la stazione ferroviaria, realizzare una nuova grande pensilina, liberare il lungomare dagli edifici che ne impedivano la fruizione diretta e ripensare la piazza della stazione: questi i punti fondamentali dell’ambizioso programma.
Il progetto di Dietmar Feichtinger Architectes ha portato a un rinnovamento radicale dell’area grazie alla demolizione di tutti gli edifici sorti nel tempo a supporto del nodo di scambio e alla realizzazione, in adiacenza all’edificio storico della stazione, di un’unica grande pensilina in policarbonato colorato che, con i suoi 20.000 mq, da un lato copre la piastra che ospita binari e fermata del tram, dall’altro disegna un’ampia piazza coperta in grado di garantire la circolazione delle persone e di riconnettere, visivamente e fisicamente, città e acqua.
ARGOMENTI
– Senza clamore. La discrezione come scelta. Alfredo Lambertucci, 1928-1996 – Pag. 108
– Apan Housing Laboratory. Sperimentare l’abitare sociale in scala 1:1 – Pag. 118
– Premio di Architettura ANCE Catania 2019 – Pag. 122
LIBRI – Pag. 125
NOTIZIE – Pag. 126
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