Il calcestruzzo è uno dei materiali da costruzione più utilizzati al mondo nell’ architettura e nell’edilizia, ad esso si devono le principali sperimentazioni e conquiste nel settore della tecnica delle costruzioni che hanno reso possibile la modernizzazione dei territori europei attraverso la realizzazione di opere annoverate tra i principali capisaldi della storia dell’architettura moderna. Al cemento vengono attribuite però nel sentire comune anche le conseguenze negative di quel processo di espansione delle aree urbane e dei territori, a carattere speculativo, che ha causato consumo di suolo, problemi per la salute dell’uomo e inquinamento ambientale.
In questo numero si vuole render conto di una nuova stagione legata all’impiego del calcestruzzo dovuta da un lato ai recenti sviluppi della ricerca sulle qualità e le prestazioni del materiale, dall’altro alle sperimentazioni di linguaggio ad essi conseguenti. Un primo contributo importante deriva dall’impegno da parte dei principali produttori di cementi e calcestruzzi ad aumentare il rendimento del materiale agendo contemporaneamente sulle sue proprietà per diminuire l’apporto all’emissione di gas serra durante la lavorazione. Tra le innovazioni più interessanti in questa direzione i così detti “calcestruzzi intelligenti”, utilizzabili solo dove servono e in quantità strettamente necessaria, la nuova generazione di calcestruzzi ad altissima resistenza e fibrorinforzati e l’impiego del grafene nel conglomerato cementizio. Agli avanzamenti sul piano tecnologico e produttivo dei calcestruzzi si accompagna una nuova stagione di sperimentazione sul piano espressivo che le architetture selezionate nel numero stanno a testimoniare. Sperimentazione che, a partire dall’estrema versatilità e capacità del calcestruzzo a essere plasmato, associata alle proprietà formali, percettive, tattili e all’alta resistenza ai carichi e alle sollecitazioni esterne, rende questo materiale particolarmente adatto a supportare concezioni spaziali basate sul principio dell’unitarietà di struttura, involucro e texture come parti non separabili di un unico sistema. Questi aspetti influenzano gli esiti architettonici secondo due linee di ricerca prevalenti. La prima sviluppa un’idea di bellezza all’insegna dell’essenzialità, della sobrietà e dell’assenza di ornamento, eleggendo il tema della riduzione a cifra poetica. Ne sono testimonianza il centro visitatori nel Guizhou e la biblioteca sul litorale di Beidaihe in Cina, le residenze estive progettate da Adamo Faiden Arquitectos in Uruguay, il palazzo Pioda a Locarno, che ricorda i principi elementari del buon costruire.
La seconda linea di ricerca, a partire dalle possibilità offerte dai processi di modellazione e calcolo algoritmico nel creare forme sempre più libere con calcestruzzi e cementi, fa riferimento ai processi che regolano i meccanismi evolutivi in natura, sviluppando organismi continui dove piani verticali e orizzontali non sono più riconoscibili come entità differenti ma sempre in stretta relazione gli uni con gli altri e con il paesaggio in cui si inseriscono. Un esempio emblematico è il museo Victoria & Albert a Dundee, edificio che, coniugando natura e artificio, scompare come oggetto a sè stante per divenire “cornice dalla quale osservare l’ambiente dall’esterno”. Ciò è possibile mediante il ricorso alla progettazione parametrica del complesso involucro, composto da 2466 pannelli prefabbricati, e all’impiego del calcestruzzo che, grazie alla sua intrinseca adattabilità, diventa per Kuma il materiale ideale per esprimere la propria poetica.
COSTRUIRE LO SPAZIO CON LA MATERIA – Pag. 6
Carmen Andriani
UNA NUOVA ETÀ DELL’ORO PER IL CALCESTRUZZO – Pag. 16
Philippe Morel
CAMBIAMENTI CLIMATICI E SOSTENIBILITÀ AMBIENTALE:
LE SPERIMENTAZIONI NELLA PRODUZIONE DI CEMENTI E CALCESTRUZZI – Pag. 22
Luigi Mandraccio
L’intervento ha la funzione di introdurre all’area subtropicale del Danxia e prende le mosse dall’ambiente circostante, per materiali, loro formulazione e trasporto.
L’acqua e il cemento sono i materiali simbolo del ciclo di vita del manufatto: l’acqua è stata usata per il trasporto della pietra rossa locale, percorre e disegna lo spazio artificiale ed è uno dei componenti del calcestruzzo utilizzato per le coperture.
Le coperture in calcestruzzo riescono a unire l’artigianalità delle maestranze locali con una sapienza architettonica di recente generazione e le ragioni della forma con l’intorno nel quale sono immerse, accompagnando i salti di quota come corpi unitari che percorrono il vuoto del canyon.
Si fanno montagna e letteralmente diventano rilievo passando per uno stadio liquido, come accade in natura.
I mattoni rossi dei numerosi elementi verticali citano la foresta per forma, densità e colore: anche da qui sembra essere derivata la scelta a contrasto di un intradosso di calcestruzzo il più liscio e regolare possibile.
L’edificio si costituisce di una parte metaforicamente più leggera, un’ossatura strutturale con i pilastri esterni prefabbricati che accoglie gli ambienti disposti sul perimetro, e di un organismo monolitico centrale in calcestruzzo gettato in opera lasciato a faccia vista che ospita le funzioni comuni. La superficie liscia è stata ottenuta mediante una cassaforma composta da sponde in acciaio cui sono stati applicati internamente pannelli in compensato rivestiti in bachelite. Il sistema costruttivo della cassaforma amplifica l’effetto finale di una superficie neutra, scandita dalle sole impronte lasciate dalle connessioni tra un pannello e l’altro. La colorazione chiara è ottenuta mediante un additivo all’ossido di titanio inserito nell’impasto cementizio. L’effetto spaziale desiderato è dovuto dunque all’iterazione tra il bilanciamento volumetrico dei pieni e dei vuoti che formano il monolite, la sua superficie e la sua relazione con la luce naturale zenitale.
La struttura perimetrale in calcestruzzo corre lungo tutto il perimetro della pianta, determinando gli elementi figurativi principali dell’edificio.
Posizione, forma e volumetria dell’edificio sono determinate dalla morfologia del lotto, un rettangolo di 8,2 x 18,2 metri, con un appartamento per piano e un orientamento nord-sud.
L’edificio ha sei livelli e uno sviluppo in alzato di 21 metri.
La struttura gettata in opera prevede un l’esoscheletro portante fatto da due telai paralleli posti a una distanza di 7,95 metri.
Per ognuno, due piedritti distanti 11 metri formano una campata centrale.
Le mensole esterne hanno un aggetto di 3 metri e si rastremano esternamente per diventare più leggere.
Il telaio incernierato alla base rende possibile lo snellimento dei sostegni nel punto di appoggio, mentre i solai e le travi di bordo irrigidiscono trasversalmente i telai.
Una trave parete centrale sorregge i solai e le travi trasversali.
Nell’edificio restaurato le strutture principali sono pareti portanti con travi a sbalzo, mentre nell’ampliamento si configurano come setti longitudinali con solai a cassettoni: in entrambi i casi esse costituiscono un sistema continuo monomaterico, scheletro strutturale dell’architettura.
La strategia progettuale dell’ampliamento attua sui volumi un semplice esercizio di sottrazione.
I nuovi edifici sono come monoliti scavati, privati del superfluo, le cui sagome precise alludono in bassorilievo al paesaggio alpino che sta sullo sfondo.
Le aperture attentamente modulate conferiscono agli spazi ipogei un’illuminazione controllata, addomesticando gli effetti della luce naturale.
La rinuncia all’uso di rivestimenti e colori applicati è il definitivo fil rouge che fonde gli interventi di nuova costruzione e quelli di restauro.
La scelta di fondo è stata quella di sviluppare uno spazio pubblico multilayer all’interno di un contenitore-torre; punto di forza di questo concetto architettonico è stato il progetto di una doppia struttura integrata che ha permesso l’indipendenza distributiva dei piani.
L’intero edificio è infatti impostato sulla maglia puntiforme dei pilastri dell’edificio preesistente e una gabbia quadrata di 14 metri di lato di 4 grandi pilotis d’acciaio rivestiti in cemento che attraversano l’intera sezione dalle fondamenta fino alla copertura, consentendo l’aggancio dei solai a diverse altezze e misure variabili degli interpiani.
Il sistema di circolazione della rampa-strada, che sale gradualmente per collegare le tante “piazze” del centro, è il secondo perno del concetto architettonico, elemento fondante la permeabilità e attraversabilità del Centro.
Il calcestruzzo è il materiale che meglio si sposa con l’atmosfera del contesto naturale ma non è scheletro celato bensì superficie continua, pietra liquida che da forma ai volumi.
L’uso del cemento armato impastato in loco e gettato attraverso dei casseri tradizionali in legno ha una trama verticale che riprende il calco delle doghe, mostrando la ruvidità e l’artigianalità della costruzione. Le doghe posizionate verticalmente sono affiancate secondo corsi orizzontali che determinano fasce sovrapposte di spessore sempre uguale, che consente di controllare il disegno dei fronti.
Alla base del dispositivo abitativo vi è la ripetizione di una casa-tipo, disegnata a partire da una geometria spezzata sulla diagonale. Le unità vengono unite a due a due come coppie gemelle posizionandosi tra le alberature.
I progettisti dello studio Quattroassociati hanno scelto il cemento come materia per definire struttura e figura di questa architettura.
ARGOMENTI
– La luce come materiale del progetto. Il Louvre di Abu Dhabi di Jean Nouvel – Pag. 108
– La qualità emergente. Architetture recenti in Sardegna – Pag. 114
– Mario Radice: il pittore e gli architetti. Una mostra alla pinacoteca di Como – Pag. 118
LIBRI – Pag. 123
NOTIZIE – Pag. 124
Questo post è disponibile anche in: Inglese