La qualità urbana e ambientale è l’esito di processi di trasformazione complessi, a monte dei quali deve esserci una precisa volontà politica, che è tutta contenuta in un’azione pianificatoria fondata su chiari obiettivi e regole da rispettare. Solo successivamente entrano in gioco gli altri due attori principali del processo, i progettisti ai quali è affidato il compito di dare forma alle istanze di modificazione precedentemente definite e l’impresa che dovrà, attraverso l’allestimento della complessa macchina che è il cantiere, realizzare l’opera commissionata.
In questo numero della rivista abbiamo voluto raccogliere 5 opere costruite in Italia, nelle principali città, completate negli ultimi due anni, per dare prova che, se qualcosa non funziona nell’ingranaggio di questo processo, non è dovuto alle fasi di progettazione e costruzione, nelle quali, al contrario, e come dimostrano le architetture di seguito illustrate, si rileva un alto livello di sensibilità, competenze e innovazione, nonché di efficienza sotto il profilo logistico e dei tempi di esecuzione.
I risultati, al di là di una macchina burocratica che, spesso, rallenta in modo ingiustificato l’intero processo con ripercussioni economiche e sociali su tutto il sistema, possono essere definiti eccellenti grazie anche alle sinergie stabilite tra progettista e impresa esecutrice, là dove entrambe le parti sono ben disposte al dialogo per ottenere il migliore risultato finale. Un esempio per tutti, anche per la tempistica tra progetto e sua realizzazione oltre che per le dimensioni, l’intervento di Porta Nuova Garibaldi a Milano. Un intervento determinante per la riqualificazione urbana di Milano, che agisce alle diverse scale del progetto e che ha dato prova di affidabilità e innovazione tanto nella gestione del progetto che nella fase realizzativa e di organizzazione del cantiere, tutta improntata alla sperimentazione legata alla sostenibilità energetica e ambientale; fattori che hanno giocato un ruolo decisivo per il successo dell’intera operazione. Altrettanto può dirsi del nuovo Teatro dell’Opera di Firenze, un servizio e, soprattutto, uno spazio pubblico ben integrato con il tessuto storico e le nuove dinamiche urbane, esito dell’ottima regia che ha saputo coniugare problemi funzionali, soluzioni tecniche e gestione del cantiere, ideando e producendo tecnologie opportune al caso specifico. Un meccanismo virtuoso quello che hanno saputo attivare gli interventi appena citati, dentro il quale i soggetti coinvolti sono reciprocamente stimolati a offrire il meglio delle proprie prestazioni in un dinamismo che difficilmente disattende la qualità finale dell’opera.
Aspetto che interessa positivamente anche le altre architetture presenti nel numero – il nuovo Museo dell’Automobile di Torino, il complesso milanese per uffici e la nuova sede romana dell’ASI – caratterizzate, in modi differenti tra loro, da una raffinata corrispondenza tra ricerca su finiture e materiali alla scala architettonica e valenze spaziali alla scala urbana e paesaggistica.
SOMMARIO
LA FORMA COME RISORSA – Pag. 4
Paolo Desideri
Il nuovo Parco della Musica a Firenze è destinato a diventare il ponte tra due città un tempo estranee, quella di pietra – il centro storico si trova ad una distanza relativamente breve – e quella verde, rappresentata dal parco delle Cascine, di cui il progetto degli ABDR è l’ingresso ideale. Il nuovo Auditorium è soprattutto uno spazio pubblico, integrato con la storia e con le dinamiche urbane. Il progetto è ordinato da una sequenza di assi paralleli orditi prendendo spunto dalla struttura dell’area e dal suo sviluppo potenziale. Gli assi intersecano il complesso creando una sequenza di spazi pubblici e luoghi complementari dedicati alla musica che si sovrappongono e circondano le grandi aule destinate agli eventi. Si crea, in questo modo, un susseguirsi di ambienti posizionati a quote diverse, che si integrano con l’intorno e dal quale è possibile osservare lo skyline della città storica e il parco delle Cascine.
A poco più di cinquant’anni dalla sua inaugurazione (novembre 1960) riapre a Torino il Museo dell’Automobile (marzo 2011), dopo la ristrutturazione e l’ampliamento dell’originario edificio di Amedeo Albertini. Posto su un piccolo podio in affaccio sulle rive del Po, l’edificio si presenta come nuova porta di ingresso alla città per chi proviene da sud, percorrendo la parkway lungo il corso Unità d’Italia (una strada a scorrimento veloce che corre lungo il fiume). Siamo in una delle aree più interessanti dell’espansione urbana torinese. Quella del nuovo Museo dell’Automobile è la prima architettura contemporanea che si annuncia ai visitatori in arrivo da questa parte della città, con i suoi 114 metri di fronte, leggermente curvo, che trova continuità nella addizione fluida del nuovo corpo che ne completa l’estensione su via Richelmy. L’opera è frutto di un concorso internazionale bandito nel 2004, il progetto esecutivo è del 2007 e i lavori iniziati nel 2008 sono stati ultimati agli inizi del 2011, in tempo utile per le manifestazioni celebrative del 150° anniversario dell’Unità d’Italia.
Il complesso per uffici di Sauerbruch e Hutton, denominato MAC 5-6-7, realizzato nell’area a nord di piazzale Maciachini, storicamente occupata dalla fabbrica farmaceutica “Carlo Erba”, dismessa nel 1998, fa parte della trasformazione-riqualificazione dell’area urbana milanese, ora denominata Maciachini Center in cui sono stati coinvolti altri importanti nomi: Maurice Kanah (edificio terziario MAC1-4), Italo Rota (teatro-museo delle marionette) Alessandro Scandurra (nuova sede di Gruppo Zurich). Il nuovo edificio consta di tre corpi di fabbrica, lineari a sezione variabile in pianta, due dei quali sono uniti in una forma ad H da un atrio trasparente, unico ingresso di rappresentanza costruito intorno ad una grande scala elicoidale centrale.
ARGOMENTI
– Sharing. Condividere idee e abitazioni: un esempio di housing sociale – Pag. 112
– Trasformazione edilizia e riqualificazione urbana. Il concorso PASS per il Tiburtino III a Roma – Pag. 116
NOTIZIE – Pag. 122
LIBRI – Pag. 124