Londra come modello per le trasformazioni urbane del XXI secolo, è questa la sfida lanciata dal governo britannico con l’ambizioso progetto per i Giochi Olimpici 2012.
Un progetto che si fonda su un’idea olistica di sostenibilità, in grado di integrare salvaguardia ambientale, esigenze economiche, equilibri sociali, uso efficiente delle risorse energetiche e qualità dello sviluppo urbano, e che si pone come sperimentazione consapevole sui temi del progetto della città e del paesaggio contemporanei. Come il quartiere di South Kensington, realizzato in occasione dell’Esposizione universale (Great Exhibition) del 1851, ha tracciato le linee di sviluppo di uno dei quartieri più rappresentativi di Londra, il Queen Elisabeth Olympic Park potrà forse costituire un riferimento d’eccellenza nel disegno urbano e nel progetto degli spazi pubblici, indicando nuove strategie di gestione dei sempre più complessi interventi di riqualificazione urbana.
A conclusione della prima fase dei Giochi, seppure è prematuro un giudizio, visti i tempi lunghi del progetto complessivo di cui è previsto il completamento nell’arco dei prossimi 20 anni, si può comunque rilevare l’avvio di una diversa sensibilità e di un nuovo approccio alla costruzione della metropoli contemporanea in chiave concretamente sostenibile.
Già dalla scelta della localizzazione dell’intervento, all’interno dell’immensa e controversa area dell’East End londinese, si riconosce, infatti, una precisa volontà in questa direzione. Vicinissima alla stazione ferroviaria di Stratford e al City Airport, molto ben connessa, sia a livello nazionale che internazionale, con varie linee della metropolitana e ferroviarie che l’attraversano, è apparsa quasi subito come luogo ideale; ampio spazio, buona connettività, forte domanda da parte del mercato costituivano un’opportunità che il governo britannico e la municipalità di Londra, di concerto con le esigenze del mercato immobiliare, non si sono lasciate sfuggire. Una delle partite più difficili si sarebbe giocata, infatti, a livello organizzativo.
Oltre a un’indispensabile unità d’intenti delle autorità, a tutti i livelli, con obiettivi precisi e ruoli chiari, era necessario concordare, a monte, procedure straordinarie partecipate da tutti i soggetti interessati, pena l’inattuabilità di un processo di tale complessità.
Un altro aspetto di rilievo, forse l’elemento di maggiore novità nel settore della pianificazione, riguarda la scelta di strategie operative in grado di mettere in moto il post-Olimpiadi e garantire il successo della sua integrazione urbana. In questo caso, il tema della partecipazione, con il meccanismo del delivery partner, da parte del privato al processo di gestione del progetto, è stato determinante. Le strategie messe in atto prevedono, infatti, uno sviluppo fatto per fasi temporali successive, nell’arco di vent’anni, attraverso investimenti sia pubblici che privati, ma all’interno di un disegno comune. Per la prima volta un masterplan olimpico è stato redatto tenendo conto di due piani complementari: quello necessario al progetto del Parco Olimpico e quello successivo (Legacy Masterplan) per trasformare il parco in un vero e proprio “pezzo di città”. Una scelta che caratterizza tutta la strategia olimpica londinese e che vede quale elemento imprescindibile l’intervento privato all’interno di un sistema infrastrutturale pubblico fatto di strade, parchi, viali e di un’importante rete di connessioni metropolitane e ferroviarie. Infine, oltre all’attenzione per la massima riduzione dei consumi di energia con precisi protocolli imposti a ciascuno dei cinquanta progetti, edifici e infrastrutture, del programma, va sottolineato il tema della sostenibilità sociale del progetto, quello su cui si giocherà il reale successo dell’operazione.
L’idea guida delle scelte insediative è creare un tessuto urbano fatto di strade, piazze, spazi pubblici, case, con quella continuità percettiva che si pone alla base di qualsivoglia appartenenza urbana.
SOMMARIO
LA SFIDA DELL’EAST END PER LONDRA 2012: INTERVISTA A RICKY BURDETT– Pag. 4
Marco Maretto
LONDRA 2012: UN MODELLO PER LE TRASFORMAZIONI URBANE DEL XXI SECOLO – Pag. 14
Marco Maretto
Lo stadio è collocato all’interno della sezione sud del parco olimpico, su un isolato a forma di diamante incluso tra due vie d’acqua. L’avvicinamento all’edificio avviene mediante cinque ponti che oltrepassano i canali che circondano il diamante rendendo il percorso scenograficamente interessante. Il tema dominante è riuscire a dare forma completa a un edificio per 80.000 persone durante gli spettacoli olimpici per poterlo poi ridurre a 25.000 nella sua esistenza successiva, dopo l’Olimpiade, senza che il disegno dell’edificio ne risenta in quanto a completezza e unitarietà.
I criteri di sostenibilità, riuso e riciclo sono sati utilizzati in un progetto che coniuga leggerezza ed essenzialità mediante una struttura facilmernte leggibile, articolata principalemtnte dagli elementi di acciaio tubolari bianchi del tetto e i puntoni in acciaio nero che sostengono l’anello superiore delle sedute temporanee.
Il London Olympic Park sorge in quella che in tempi industriali era la zona più inquinata della città. Dimenticata e derelitta, quello che oggi è il Parco Olimpico era fino a non molto tempo fa una no man’s land, sede ideale di attività illecite, leggendari rave-party e artisti in cerca di spazi economici nella sempre più costosa Londra. Il progetto per il Queen Elizabeth Park origina da questo scenario; un’operazione enorme, che include 5 nuovi quartieri con diverse nuove funzioni e servizi connessi con una rete di trasporti pubblici fittissima ed efficiente con importanti poli di comunicazione e il sistema dei parchi urbani che arriva fino all’estuario del Tamigi sul mare. Un’operazione immobiliare di notevole scala, la cui realizzazione è stata accelerata significativamente all’operazione olimpica.
ARGOMENTI
– Serpentine Pavillon 2012 – Pag. 100
– 13.ma Biennale di Architettura di Venezia. I mille volti del Common Ground di David Chipperfield – Pag. 104
– Il Padiglione Italia alla 13.ma Biennale di Architettura – Pag. 106
– Premio Medaglia d’oro all’Architettura italiana – Triennale di Milano – Pag. 108
– L’idendità dell’architettura in Sardegna – Pag. 111
– Tredicesima Triennale Mondiale di Architettura di Sofia – Pag. 114
– Riqualificazione ambientale e nuovi modelli di gestione nel progetto della via Pedamentina a Napoli – Pag. 116
– Ancora sull’autonomia dell’architetura – Pag. 118
– Il palazzo Enel di Gigi Ghò a Cagliari – Pag.120
LIBRI – Pag. 122
CALENDARIO – Pag. 124