L’annuale rassegna italiana è quel luogo d’osservazione che la rivista dedica agli interventi di piccole e medie dimensioni sparsi nel nostro territorio. Le architetture raccolte in questo numero confermano che i temi del completamento, del riuso, dell’innesto e più in generale del costante confronto con un testo preesistente, attualmente al centro delle logiche di trasformazione nella maggior parte dei paesi europei, rappresentano una specificità tutta italiana. Un modo di operare che, conclusa l’epoca delle grandi espansioni, si dedica a mantenere, riqualificare, sostituire, ricucire, in una parola a ridare senso ai paesaggi urbani sotto la spinta delle nuove dinamiche socio-economiche, attraverso modalità particolarmente interessanti e innovative. I progetti raccolti nelle pagine che seguono offrono numerosi spunti di riflessione in questa direzione perché, in ambiti geografici diversi, testimoniano delle molteplici declinazioni possibili a partire dal medesimo approccio comune. Particolarmente significativo è il Centro civico a Erba di Ifdesign dove un tema delicato come quello dell’assistenza ai disabili e la posizione in un’area urbana periferica creano le premesse per creare un nuovo luogo di partecipazione e condivisione formato dall’articolazione delle diverse funzioni intorno a uno spazio comune. Altro intervento emblematico è il nuovo Relais San Lorenzo, situato nel centro storico di Bergamo. Qui Natalini e il suo studio associato progettano l’ampliamento di un albergo preesistente sulla rocca, misurandosi con il delicato tema del rapporto tra nuovo e antico in una realtà storica così stratificata da richiedere anche il confronto con la dimensione archeologica. Anche in altri interventi, come quello dell’infill, vedi la scuola materna “La Balena” a Sinalunga o del riuso di un ex capannone, come nel Tecnopolo per la ricerca industriale a Reggio Emilia, è evidente che la ricchezza dei temi e delle situazioni, anche le più spinose, rappresenti una risorsa per la creatività e per gli esiti progettuali.
La nuova sede nasce quale ampliamento degli uffici già presenti nel prospiciente Palazzo del Fucile, un edificio di origine settecentesca in stato di totale abbandono sino al 2005, quando è stato acquisito e ristrutturato dall’ente bancario. Il nuovo edificio conclude il lotto trapezoidale delineato dalle preesistenze dando vita a una nuova piazza denominata della ‘Cooperazione’. Tutto l’intervento è ispirato al perseguimento della qualità ambientale. Gli spazi esterni duettano con le preesistenze; il portale del forte viene di nuovo risemantizzato come accesso pedonale privilegiato e sono contemplate soluzioni di arredo urbano che invogliano la sosta e l’attività di relazione. La piazza è pavimentata in pietra di Luserna, tipica del territorio piemontese e tradizionalmente usata nell’edilizia. Il disegno dello spazio esterno è invece saldamente in relazione con quello della facciata, assolutamente contemporaneo e dinamico.
L’edificio residenziale in via Maestri Campionesi a Milano si inserisce tra gli interventi di infill che le città italiane sempre più spesso accolgono nei vuoti dei loro tessuti urbani. All’interno di questo lotto residenziale il team di Archea ha lavorato in contrasto rispetto agli edifici laterali curando in primo luogo la progettazione degli spazi di accesso e distribuzione al piano terra, al primo piano e la tipologia degli alloggi negli attici, puntando poi l’accento sul ridisegno dei prospetti esterni. Fulcro del progetto è infatti lo sviluppo della trama parietale. Il piano della facciata bidimensionale diventa tridimensionale sviluppandosi con slancio in verticale attraverso la successione dei vari livelli dell’edificio. L’intera composizione è frammentata attraverso una serie di cunei materici di forme, dimensioni e colori differenti che creano cornici visuali verso l’interno delle unità abitative e cannocchiali ottici verso il paesaggio urbano.
Il nuovo centro civico Noivoiloro, commissionato da una associazione che da anni si occupa dell’assistenza ai disabili, rappresenta la realtà di una comunità che con spirito solidale e imprenditoriale realizza un luogo in cui è possibile sostenere l’attività del volontariato, un contenitore che permette l’incontro tra persone dalle storie e dalle necessità diverse. L’idea alla base del progetto è quella di mettere insieme quelle funzioni capaci di generare i profitti necessari all’autonomia dell’organizzazione. Per questo motivo l’edificio raccoglie spazi diversi tra loro: si passa dagli ambienti associativi, dedicati alla formazione e al lavoro, a quelli di carattere ricreativo e di ristoro, aperti ad un uso più collettivo. I progettisti hanno lavorato sulla distribuzione delle funzioni e sulla loro modificabilità, immaginando una teoria di spazi che si piegano per generare un luogo aperto e comune, isolato rispetto alla strada su cui si affaccia il lotto.
Adolfo Natalini e il suo Studio Associato hanno realizzato l’ampliamento dell’hotel San Lorenzo in Piazza Nuova – adesso rinominata Piazza Mascheroni – sulla rocca di Bergamo. L’intervento, conclusosi nel 2013, affronta due temi al contempo delicati e spinosi del dibattito architettonico italiano: l’inserimento del nuovo nell’antico e il rapporto con le preesistenze archeologiche. L’intervento proposto da Adolfo Natalini soddisfa entrambe le esigenze di rinnovamento e di rispetto tramite un continuo dialogo, sia formale sia di rifunzionalizzazione, tra il nuovo e il preesistente. Il nuovo edificio si articola in sezione su diversi livelli dovuti allo sfalsamento di quota tra il lotto e la strada così da ottenere quattro piani, ma solo due fuori terra. Il piano d’ingresso accoglie gli ambienti comuni e, attraverso la doppia altezza, permette l’accesso al livello inferiore dei ruderi.
La Fondazione Elisabeth and Helmut Uhl è un ente no profit il cui obiettivo è il progresso nelle scienze e nelle arti, da perseguire attraverso la creazione e lo sviluppo di relazioni tra discipline e culture diverse. Situato sulle montagne altoatesine nel comune di Laives, vicino Bolzano, l’edificio si inserisce nel contesto con estremo rispetto, ricalcando in pianta l’impronta di una struttura preesistente così da preservare l’ambiente circostante senza occupare suolo aggiuntivo. La struttura si articola in due corpi di fabbrica: l’edificio della Fondazione e un piccolo volume adiacente ad uso residenziale. L’edificio della Fondazione si compone di una serie di volumi architettonici: uno trasparente in vetro e acciaio che ospita le attività di ricerca, uno in legno adibito a mensa-refettorio e un corpo inferiore, sul quale questi due volumi poggiano, che ospita una cantina vinicola e spazi ricettivi per le attività della Fondazione.
L’Ospedale dei Bambini “Pietro Barilla” è un luogo di cura altamente specializzato dove le esigenze dei bambini, e il loro benessere psico-fisico, sono messi in primo piano. L’edificio, di superficie complessiva pari a 14000 mq, si articola in quattro piani fuori terra e uno interrato e ospita circa un centinaio di posti letto degenza. Il progetto è stato elaborato dallo studio OBR, che ha saputo dar vita ad un oggetto architettonico estremamente interessante pur essendo le strutture a carattere ospedaliero soggette a numerosissime prescrizioni normative. L’approccio progettuale, attraverso l’analisi delle procedure mediche e l’attento studio dei criteri della psicologia ambientale, coniuga abilmente le necessità sanitario-funzionali con quelle percettivo-psicologiche. Ne è derivato un edificio in grado di assicurare un’elevata umanizzazione degli ambienti e un’ottimale distribuzione spaziale.
L’edificio denominato “S12” si inserisce in un programma di riqualificazione urbana all’interno di un’ampia area industriale dismessa il cui masterplan è opera della collaborazione tra l’architetto olandese Jo Coenen e lo studio Archisquare. Inserito in un tessuto urbano consolidato, lungo il margine meridionale della città di Parma, l’intervento si propone di recuperare, riprogettandolo, un intero brano di città posto al confine esterno del tessuto di espansione novecentesca. L’area di intervento, nel suo margine occidentale di forma triangolare, ospita il nuovo edificio ed è costituito da un volume ben definito suddiviso in due elementi architettonici principali: un basamento per negozi ed esercizi commerciali e uno sviluppo verticale contenente uffici e attività terziarie.
Il tecnopolo per la ricerca industriale di Reggio Emilia nasce dalla riconversione di uno dei fabbricati del complesso che fin dal 1904 ha ospitato le Officine Meccaniche Reggiane. Dopo decenni di attività solo in tempi recenti le officine hanno visto cessare completamente la produzione, lasciando alla città un’area industriale in disuso. La recente trasformazione, promossa dalle amministrazioni locali, ha determinato la trasformazione di uno dei capannoni dell’impianto in un centro di ricerca, didattica e sperimentazione. Il progetto di Andrea Oliva prende le mosse da un atteggiamento di rispetto per la spazialità e le strutture esistenti e interpreta fattori immateriali, come il rumore delle macchine e il movimento degli operai, quali componenti da considerare in un’ottica di conservazione della preesistenza. La spazialità riprogettata sembra il risultato di un compromesso tra le necessità funzionali e tecnologiche delle nuove attività introdotte e la teatrale messa in scena delle stesse in maniera che siano quanto più possibile visibili e protagoniste dello spazio.
Inserita nel piccolo centro medievale, la nuova struttura si incastona nel fianco della collina occupando un’ampia fetta di territorio nel tessuto residenziale. Qui vi è una piccola scuola elementare, la cui connessione con il nuovo edificio diventerà uno dei temi chiave del concorso di progettazione. Nello specifico il progetto propone una zona cuscinetto tra i due edifici adiacenti, composta da percorsi e spazi di sosta a differenti quote. In questo modo consente di organizzare un’area concatenata tra i due poli, pur lasciando loro autonomia nei flussi e nel funzionamento generale. La scuola materna occupa una zolla quadrata della parete collinare che, attraverso lo scavo nel terreno, permette all’edificio di fondersi con il suolo diventando un unicum con il paesaggio circostante. La sagoma dell’Asilo sembra ricalcare, attraverso l’addizione dei suoi volumi, la pendenza del territorio, evidenziando la sequenza crescente delle strutture vicine.
Percorrendo via Capo di Mondo, costellata di villini e palazzine di pochi piani, in maniera inattesa ci si imbatte in un cancello di vetro che dischiude alla vista un edificio distante linguisticamente da tutto l’intorno e che cerca di coinvolgere l’attenzione del passante. Una piccola insegna luminosa ci dice che questo è il quartier generale della Mandragora, una società specializzata nella gestione di bookshop ed eventi museali che nel 2008 incarica lo studio Claudio Nardi di dare forma ai nuovi uffici. L’area di progetto era occupata da un’autofficina con annessa rimessa. Sul sedime della vecchia autofficina vengono ricavati la reception e un garage mentre la pianta della vecchia autorimessa viene tradotta in uno spazio a corte, impreziosito da un piccolo giardino, attorno al quale si affacciano, mediante ampie superfici vetrate, gli uffici. Il sistema connettivo è caratterizzato da una rampa che tenta di ricucire la frammentarietà degli spazi ereditata dai vecchi sedimi.
Fregene è una delle più importanti località balneari del litorale romano. A partire dagli anni Sessanta ha visto una crescita insediativa esponenziale a cui però non è seguita, una contemporanea ed efficace politica urbanistica. Tutt’oggi rimane fortemente sbilanciata verso il lungomare con un conseguente e progressivo impoverimento strutturale man mano che ce ne si allontana, Nell’ottica di rafforzarne l’entroterra, creando un sistema urbano in equilibrio tra il mare e la grande metropoli, s’inserisce il progetto di Giovanni Rebecchini. La necessità di creare una certa quantità di residenze e spazi commerciali, infatti, è stata subito trasformata dall’architetto romano nella possibilità di creare un nuovo tessuto urbano. Un tessuto fatto di strade, vicoli, piazze, con lo scopo di creare un nuovo, vero, centro cittadino. Un centro posto, non a caso, lungo la principale via di accesso da Roma, a fare sistema con la seicentesca Pineta monumentale ed il mare.
Ci troviamo alla periferia nord di un piccolo comune pugliese in provincia di Bari, il cui nucleo storico sorge su uno sperone roccioso a strapiombo sul mare con straordinarie valenze architettoniche e paesaggistiche. A solo poche centinaia di metri dal centro antico, una sequenza di ville e villette, case lasciate incompiute, un generale caos insediativo, residui di muretti a secco, qualche trullo solitario si sovrappongono a emozionanti squarci di paesaggio tra mare e scogliere.In questo contesto degradato nel Mezzogiorno d’Italia, con un tempo di realizzazione di soli due anni, l’architetto e l’impresa riescono a produrre un edificio di grande qualità, attento ai valori paesaggistici, capace di reinterpretare, con intelligenza e senza concessioni a contestualismi di maniera, linguaggi, materiali, tipologie di quell’architettura mediterranea che proprio nel centro storico di Polignano trova una sua straordinaria declinazione.
La casa unifamiliare ricalca il modello della casa siciliana a corte e si sviluppa su due livelli, uno fuori terra e uno interrato, circondati da un giardino anch’esso articolato su quote diverse. Il patio rappresenta il fulcro della casa e l’elemento attorno a cui si organizza la distribuzione degli spazi che compongono l’edificio. È delimitato su due lati da un porticato, su un altro dal blocco della camera matrimoniale, mentre sul quarto lato è racchiuso idealmente dalla linea di un canale in cui viene convogliata l’acqua raccolta in una vasca che sgorga da un doccione posizionato sulla muratura della zona pranzo. Questo canale, evidenziato da una suggestiva illuminazione notturna, segue il dislivello del terreno tra la scalinata di accesso e il muro di contenimento in pietra lavica, concludendosi in una vasca al punto di arrivo. La casa è distribuita su un unico livello, ad eccezione del vano relax accessibile dalla camera matrimoniale, e della biblioteca-studio che si affaccia sulla zona soggiorno.
ARGOMENTI
– Premi Nazionali di Architettura IN/ARCH ANCE – V edizione – Pag. 90
– Un’Africa concreta in mostra alla Triennale di Milano – Pag. 95
– La Cittadella dei Musei a Cagliari. La manipolazione dei reperti e l’innesto del nuovo – Pag. 98
– Riflessione Adriatica – Pag. 104
– Ascoltare lo spazio: l’esperienza Open Museum Open City al MAXXI – Pag. 108
L’autarchia delle costruzioni – Pag. 110
NOTIZIE – Pag. 118
LIBRI – Pag. 123
CALENDARIO – Pag. 124
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