Grazie a un approccio comune e alla dimensione etica che le sottende, le architetture selezionate in questo numero si presentano nell’insieme come espressione riconoscibile dell’architettura italiana. Appartenenti a studi gestiti per lo più in modo artigianale, gli autori detengono il controllo dell’opera dall’ideazione alla realizzazione, aspetto decisivo per favorire la ricerca sul piano del linguaggio e la sperimentazione nell’uso di tecnologie e materiali. I singoli esiti architettonici sono il frutto del saper integrare senso di appartenenza ai contesti, nuove funzioni, tecniche costruttive tradizionali e innovative con una spiccata sensibilità per l’ambiente e la capacità nel declinare i temi più fecondi della modernità coniugandoli con le istanze contemporanee. La propensione alla ricerca si esprime nella volontà di far convergere le istanze tecniche, funzionali ed economiche nel valore aggiunto determinato dalle scelte formali e dalla qualità spaziale dell’edificio. In questo senso è esemplare il progetto per il magazzino automatizzato a Verano Brianza, pura espressione della logica produttiva e delle richieste della committenza. La questione del restauro e della rifunzionalizzazione di manufatti storici, di particolare rilevanza nel nostro paese, è affrontata con gli strumenti classici dell’indagine conoscitiva e con profondo rispetto per il manufatto preesistente, ma anche con il coraggio di non rinunciare al dialogo tra vecchio e nuovo. È quanto avviene nel nuovo ingresso alla Domus Aurea nel parco archeologico del Colosseo a Roma, nella Casa del Fascio di Lissone di Giuseppe Terragni, nell’Accademia Cusanus a Bressanone. Un altro tema importante come quello della rigenerazione urbana, finalizzata al recupero e al rilancio di aree degradate o marginali, trova nelle nuove Residenze Universitarie a Valco San Paolo a Roma e nella Scuola di musica a Bressanone un’opportunità di rilancio sociale ed economico. Il polo per la formazione e l’innovazione H-Farm di Roncade, si pone, infine, come risposta al problema del riequilibrio tra aree naturali a vocazione agricola e sistemi urbani.
RASSEGNA ITALIANA 2022 – Pag. 2
Editoriale di Domizia Mandolesi
ARCHITETTURA ITALIANA TRA “FUORI MISURA” E RICERCA DI ADEGUATEZZA – Pag. 4
Ruggero Lenci
Il quadrante sud di Roma conserva ancora oggi i segni della sua utilizzazione ad area industriale. Tra i principali protagonisti del processo di rigenerazione della zona va annoverato l’Ateneo Roma Tre, che ha riconvertito vecchie strutture industriali a nuovi usi e realizzato edifici ex-novo. La presenza di una residenza universitaria, con all’interno due scuole di alta formazione, assume così un’importanza strategica per trasformare l’area in una parte di città a tutti gli effetti. Le dimensioni del lotto, i vincoli urbanistici e la densità del programma hanno determinato la volumetria dell’edificio: un unico, perentorio segno lineare, lungo 240 metri. Il confronto con una volumetria bloccata e dalle proporzioni particolari ha fatto emergere alcuni temi progettuali, ben rappresentati da coppie di termini tra loro oppositivi – orizzontale e verticale, collettivo e individuale, unità e frammentazione, quantità e qualità – la cui azione dialettica ha generato e indirizzato le principali scelte progettuali.
Il progetto di un nuovo ingresso alla Domus Aurea e di una passerella pedonale di accesso alla Sala Ottagona rappresenta un’occasione straordinaria per riportare all’attenzione della città una delle realtà più suggestive della storia dell’architettura romana e un’opportunità per scoprire le stratificazioni della storia e la bellezza degli ambienti ipogei. L’intervento si insinua tra le rovine rimanendo autonomo rispetto alle murature esistenti. Il rispetto per la realtà in cui si inserisce ha spinto lo studio a dedicare una particolare attenzione alle procedure di costruzione, con una posa in opera artigianale, escludendo soluzioni che avrebbero potuto compromettere i sistemi murari limitrofi. Combinando scelte tecniche e formali diverse, il progetto offre alla città di Roma e a tutti i visitatori un accesso permanente, nuovo e facilmente fruibile per una delle più straordinarie ricchezze archeologiche del paese.
L’intervento è parte integrante di un piano più ampio che prevede la realizzazione di un parcheggio pubblico interrato, con in copertura un parco urbano e una piazza con un ulteriore piano interrato di parcheggi. Centro di snodo per i flussi carrabili interrati e i percorsi pedonali a tutti i livelli, la Scuola di Musica garantisce l’allineamento spaziale mancante al completamento della nuova situazione urbana. Dal punto di vista morfologico il progetto guarda alla città storica, reinterpretando l’archetipo del recinto attraverso una volumetria compatta e riconoscibile, all’interno della quale viene scavato un vuoto urbano. Tra le peculiarità del progetto è “il giardino della musica”, una stanza a cielo aperto interna al recinto eppure esterna al volume della scuola, che dissolve il confine tra dentro e fuori. Pochi elementi, materiali autentici e un sistema costruttivo semplice caratterizzano il progetto, realizzato con un budget molto contenuto, senza per questo rinunciare alla sperimentazione formale.
L’edificio di Lissone, nato dall’ingegno di Giuseppe Terragni a seguito di un concorso bandito nel 1931, contiene tutte le caratteristiche richieste per la realizzazione di una Casa del Fascio. Forse proprio per questo la sede del Fascio di Lissone è stata alterata molto di più rispetto alla sua sorella comasca, attraverso una dura operazione di damnatio memoriae. A tutte le sottrazioni e i sedimenti si è aggiunto un nuovo corpo nel 2021. Sul prospetto posteriore dell’edificio l’aggiunta cerca di perseguire, con parti removibili e dichiaratamente contemporanee, un’idea di restauro come stratigrafia verosimile. L’approccio conservativo adottato sulle facciate principale e laterali fa il paio con un’attitudine traduttiva ed espressiva che scansa l’equivoco del restauro filologico e si decifra in un atto quasi filmico: il movimento della facciata posteriore è congelato in un calco che ne riduce a un solo frame la dinamicità ed evoca “l’alternanza tra massa e movimento nel gioco di ombre”.
La trasformazione di una cascina rurale in una residenza unifamiliare è stata l’occasione per sperimentare nuovi approcci progettuali, capaci di sfumare i confini tra natura e artificio. Greenary è una residenza che gravita attorno a un grande albero di ficus, alto dieci metri e posto al centro dello spazio di soggiorno della casa; una successione di altri ambienti si sviluppa in altezza, circondando fino in cima i verdi rami dell’albero. Per realizzare l’ambientazione ideale per permettere all’albero di crescere, la vecchia abitazione rurale è stata completamente ridisegnata, inserendo in facciata un’apertura finestrata, alta dieci metri e orientata a sud. Lo spazio interno di Greenary si compone di una successione di ambienti terrazzati; il dinamismo prodotto da queste stanze interconnesse reinterpreta il principio del Raumplan di Adolf Loos, immettendo l’elemento naturale quale perno della spazialità interna.
Il progetto di riqualificazione di un frammento significativo del tessuto del centro storico di Peccioli, il palazzo su via Carraia, interviene laddove è necessario recuperare l’edificio storico, creando anche nuovi spazi al servizio della comunità.
Al contempo l’intervento trasforma l’edificio diroccato sottostante via dei Bastioni, collegandolo al palazzo e caratterizzandolo come nuovo volume architettonico per attività pubbliche, aperte alla collettività. Articolandosi su più livelli, il complesso accoglie residenze così come spazi polivalenti. In copertura, una grande terrazza sospesa domina la Valle dell’Era, come un ponte che si getta verso il paesaggio e apre il borgo a una comunicazione con la campagna circostante. L’intervento, condotto con coraggio e gentilezza, fa diventare i palazzi parte della vita del territorio: infatti la rigenerazione di un sito deve intendersi come un processo capace di interpretare il passato in dialogo con la contemporaneità.
Il Centro di Musicologia è stato istituito nel 1970 a Cremona da Walter Stauffer per favorire l’insegnamento della liuteria classica, degli strumenti ad arco e della musicologia. In questo contesto si inquadra il restauro di Palazzo Stradiotti come sede dello Stauffer Center for Strings, primo centro musicale internazionale interamente dedicato agli strumenti ad arco. Il Palazzo è un organismo stratificato, la cui configurazione deriva da una riforma neoclassica con ampliamento e unificazione di corpi preesistenti. Palazzo e giardino sono il paradigma del gusto di un’epoca e del processo di diffusione del linguaggio neoclassico. L’estrema varietà materica, costruttiva, dimensionale e sonora degli ambienti ha richiesto una progettazione integrata a misura di singolo spazio. Il risultato è una struttura flessibile, altamente tecnologica, progettata per garantire il massimo livello di sostenibilità in tema di risparmio energetico, eco-compatibilità dei materiali e comfort ambientale.
Il progetto si trova all’interno di un’area industriale lungo la superstrada che collega Milano a Lecco e alla Valtellina. Il volume è posizionato a lato della fabbrica esistente in modo tale da costituire un elemento autonomo e definire la nuova immagine dell’azienda. Il progetto è espressione della logica produttiva, industriale ed economica a cui deve rispondere, si limita al controllo della misura e dell’involucro e fa di questo compito la sua ragion d’essere. La struttura del magazzino è risolta dalla scaffalatura stessa, di tipo autoportante, costruita con un sistema di profili in acciaio zincato di spessore minimo imbullonati tra loro. La visione notturna svela la natura interna ed esprime al meglio il carattere dell’edificio, inteso come uno schermo su cui luci e ombre imprimono il proprio disegno. In quest’ottica comunicativa l’illuminazione ha assunto un ruolo fondamentale nel progetto, valorizzando il carattere propriamente infrastrutturale del magazzino automatizzato.
L’ampliamento dell’accademia Cusanus è l’esito di un’attenta strategia progettuale nell’ambito del restauro. Con l’obiettivo di favorire l’interazione tra l’accademia e la città, l’intervento si confronta con l’insieme eterogeneo di spazi per seminari d’alta formazione e per l’accoglienza attraverso un ampio spettro di interventi che danno forma a un complesso organico e interconnesso. I due interventi progettuali più significativi si trovano al piano terreno, dove un asse di nuova formazione apre l’edificio e, al livello inferiore, dove una grande sala conferenze diventa il nuovo fulcro del complesso. Con l’allestimento accorto e misurato di una tavolozza di soluzioni materiche, tettoniche e tecniche, i numerosi interventi realizzati dallo studio oscillano tra vocabolari mimetici, reciproci e volutamente contrastanti. Il risultato è una narrativa che dissolve il confine tra vecchio e nuovo, offrendo all’accademia Cusanus una nuova architettura, contemporanea e insieme senza tempo.
H-Farm Campus è un complesso dedicato alla formazione e all’innovazione in cui costruito e natura vivono di una reciprocità imprescindibile. I nuovi edifici ospitano luoghi di formazione, dall’asilo all’università, e servizi a essi correlati come un centro di accoglienza, uno studentato, una serra per la ristorazione, una palestra e un grande edificio polifunzionale con una biblioteca e spazi per riunioni. Le strutture sono al massimo di due piani, immerse nella campagna e intervallate da corridoi ecologici pensati come naturale proseguimento dei campi limitrofi. Gli edifici in cemento sono concepiti per integrarsi con l’ambiente, rispettando le geometrie del contesto e impedendo l’innalzamento di barriere fisiche che interrompano la visione della campagna circostante. Il paesaggio ha guidato le scelte tecniche: le grandi vetrate, i patii, le tettoie e i cortili interni sono luoghi da cui ammirare la natura e immergersi nel paesaggio circostante. Il progetto vive del reciproco scambio tra ambiente e vita umana, in una simbiosi volta alla ricomposizione del rapporto apparentemente compromesso tra naturalità e antropizzazione.
L’occasione progettuale è nata dalla richiesta di inserire una nuova residenza all’interno di un lotto libero in un quartiere molto riconoscibile e connotato di Milano. Ne è scaturito un edificio residenziale attento all’inserimento nel contesto di cui sono ripresi sedime, altezze, scelte cromatiche e rapporto tra pieni e vuoti, pur non rinunciando al complessivo carattere di contemporaneità e sostenibilità dell’intervento. Il progetto ricerca un’articolazione in grado di dialogare con entrambe le vie su cui prospetta, affrontando il tema dell’attraversamento del lotto stesso; ne deriva un’architettura con sedime a L, dove i fronti interni si aprono su un giardino a parterre piantumati. Diverso il trattamento delle facciate di cinque piani fuori terra: più urbano sulle vie pubbliche, dove appare un volume stereometrico, bianco, semplice, in contrapposizione a un fronte interno con una maggior complessità, conferita da ampie vetrate in cristallo e dall’alternarsi delle strutture metalliche a contenimento dei terrazzi.
Obiettivo del progetto era realizzare un manufatto capace di dialogare con il contesto circostante, in particolare con il sistema della cinta muraria di Cittadella e con ciò che essa rappresenta sia in termini materici che per quanto concerne la funzione di “protezione”. Questa volontà ha portato alla creazione di uno spazio domestico racchiuso tra due setti murari di laterizio faccia a vista come elementi costituenti il fabbricato. La scelta del laterizio è rimarcata anche dal trattamento faccia a vista all’interno, come elemento distintivo per entrambi i livelli; inoltre, la partitura della forometria è in assonanza con elementi che caratterizzano le mura di cinta della città storica. I due setti murari definiscono i prospetti nord ed est, differenziando la percezione dei due lati dell’abitazione a sud e ovest, che si aprono sul giardino di proprietà e garantiscono la vista delle mura.
Salvagnini Campus è un luogo di formazione e ricerca, un progetto di rigenerazione che trae energia e valore dalla ricucitura ambientale e sociale con il proprio territorio. Un insieme di nuovi edifici trasparenti al paesaggio circostante, ragionati per massimizzare la qualità dell’esperienza di chi lavora e di chi visita l’azienda.
Un metodo di progettazione e costruzione digitale e “leggero” che, unito all’uso di materiali tradizionali quali acciaio, legno, vetro, lega l’intervento ai concetti di economia di risorse, sostenibilità e futura reversibilità. Salvagnini Campus è un luogo di visita e ricerca, un complesso pensato per essere in continuità con il paesaggio nel quale è inserito e socialmente aperto alla comunità locale.
Realizzata nel rispetto della tempistica prevista di soli 150 giorni lavorativi, la ricostruzione si colloca come terzo intervento post-sisma centro Italia 2016 promosso dalla Andrea Bocelli Foundation a favore dell’area, tra le più colpite dagli eventi tellurici. Il progetto non solo restituisce a Camerino la locale Accademia Musicale, ma dota la città di una nuova identità architettonica. L’idea che ha guidato la progettazione è stata quella di creare un volume che meravigliasse sia da vicino che da lontano. La pelle, impalpabile, dona dall’interno uno sguardo ampio verso il cielo. Ispirato alla rarefazione e al dinamismo delle nuvole, il volume inclinato, adagiato sul declivio del terreno e su una cortina vetrata scandita da pilastri grigi, si dissolve nel contesto. Il dicromatismo del prospetto delinea un volume leggiadro ma risoluto, perfettamente integrato nel contesto e al tempo stesso iconico nello skyline cittadino.
La biblioteca rappresenta un elemento identificativo e un punto di riferimento per i cittadini del paese ma anche delle zone limitrofe. Alla base del progetto la volontà di realizzare un edificio rappresentativo come mezzo di trasmissione della cultura in tutte le sue forme, che desse vita a un servizio capace di intercettare non solo le esigenze legate all’informazione e allo studio da parte dei cittadini, ma che fosse anche un luogo pubblico identitario per la comunità dedicato allo scambio e all’incontro. La volumetria si confronta con il contesto parzialmente rurale in cui si inserisce, un contesto in cui è diffusa la presenza di edifici agricoli, caratterizzati principalmente da due elementi: il tetto a falde e il portico. In questa ricerca di dialogo con il luogo, gli spazi versatili realizzano una piena integrazione tra interno ed esterno, proiettando l’edificio in più direzioni di interazione visiva, sociale e culturale.
ARGOMENTI
– AMAA. Sull’essenza del concret-o – Pag. 112
– Be-Factory – Progetto Manifattura. Il nuovo polo dell’innovazione green a Rovereto – Pag. 117
NOTIZIE – Pag. 122
LIBRI – Pag. 127
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