L’abitare condiviso, a cui il numero della rivista è dedicato, va inquadrato nel più ampio contesto della ricerca di nuovi modelli residenziali resa necessaria dalla trasformazione degli stili di vita e dai mutamenti sociali e culturali in atto, che non trovano una risposta adeguata nella produzione architettonica corrente. Questi cambiamenti stanno portando a sviluppare un modello alternativo di abitazione che ibrida la tipologia della casa tradizionale con quella della casa collettiva e che va sotto il nome di abitare condiviso o collaborativo. Una forma di abitare che vede gruppi di persone vivere in organismi edilizi dove, senza rinunciare allo spazio privato, è possibile beneficiare del supporto di una comunità con vantaggi sia per i rapporti interpersonali che per la fruizione di tutta una serie di servizi e facilitazioni aggiuntivi. Un sistema di convivenza e di relazioni che rende più sostenibili dal punto di vista sociale ed economico i costi e la gestione del bene casa, favorendo un maggiore senso di responsabilità sia in termini di cura degli spazi che di consumi.
Numerose le sperimentazioni condotte in paesi come Svizzera, Francia e Spagna che vedono l’abitare condiviso come parte integrante di politiche e strategie di pianificazione edilizia e urbana, attuate dalle amministrazioni pubbliche in collaborazione con i privati e che propongono valide soluzioni sia sul piano economico che su quello di una più idonea strutturazione del modello abitativo tanto in rapporto all’organizzazione spaziale quanto alla formazione di comunità.
Un modello, quello dell’abitare condiviso, non certo nuovo e originale, che rivendica soluzioni capaci di incentivare forme di solidarietà e di convivenza alternative e che si sta sviluppando non solo per ragioni economiche ma anche in controtendenza ai modelli di individualismo diffusi nelle società occidentali, volti a privilegiare modi di abitare basati sulla tutela della privacy del singolo e dell’eventuale nucleo di appartenenza a scapito della dimensione collettiva. Tutto questo emerge dagli esempi selezionati nel numero insieme alla constatazione che il tema dell’abitazione condivisa riguardi molteplici e variegate realtà esistenziali, per le quali è necessario che la cultura architettonica contemporanea si attivi facendo sì che quelli che ad oggi appaiono solo come timidi tentativi e aggiustamenti dei modelli residenziali tradizionali si traducano in una svolta culturale, figurativa e tipologica più radicale.
LA CASA CONDIVISA, UNA NOVITÀ ANTICA – Pag. 8
Stefano Guidarini
ABITAZIONE E SPAZI CONDIVISI. MODELLI ATIPICI DELLA CULTURA ISLAMICA IN IRAN – Pag. 18
Alessandra De Cesaris
COHOUSING E WELFARE GENERATIVO. LE STRATEGIE IN ITALIA E IN EUROPA – Pag. 24
Alessandro Di Egidio
CONDIVISIONE RESIDENZIALE COME MATRICE DI METAMORFOSI TIPOLOGICHE E URBANE – PAG. 29
Leila Bochicchio
La tipologia della residenza collettiva o condivisa è in alcuni casi una componente integrante all’interno di sistemi dalla vocazione non esclusivamente abitativa. E’ quanto avviene nel Centro socio-sanitario e residenziale inaugurato nel 2017 alle pendici delle colline su cui sorge la cittadina di Osimo. I questo contesto la porzione residenziale non rappresenta il nucleo operativo dell’iniziativa ma risolve in maniera autonoma la necessità di alloggiare in sede i beneficiari del centro e i loro accompagnatori. Pur se inserite in stretta relazione con le funzioni mediche dell’istituto, le case del complesso di Osimo assicurano un carattere familiare, dotando l’impianto non di una determinata quantità di posti letto ma di ordinarie abitazioni, dalle quali l’aspetto clinico resta estromesso a favore di un abitare domestico, pur se assistito. Gli alloggi, camere individuali o doppie, sono organizzati secondo il modello del cluster, in cui gruppi di stanze private condividono zone comuni di pranzo e soggiorno.
L’edificio, localizzato in un’area residenziale di Lussemburgo, si sviluppa su un lotto ad angolo concesso dalla municipalità alla fondazione Caritas, per insediarvi un’innovativa proposta di coabitazione inter-generazionale, rivolta a persone o piccoli gruppi a basso reddito. Lo spunto programmatico dell’operazione, efficacemente interpretato dalla soluzione architettonica, è di far coesistere diverse realtà all’interno dello stesso sistema residenziale. Il manufatto è caratterizzato dalla semplicità e lieve introversione dell’involucro, cui si oppone un interno ricco di interessanti soluzioni distributive, spaziali e materiche. Il volume si sviluppa complessivamente su quattro livelli, ospitando nell’insieme 15 unità abitative autonome e distinte. L’interrato è adibito a parcheggio privato per automobili e biciclette; il piano terra e i successivi due livelli, a destinazione residenziale, ospitano le unità abitative, tra loro indipendenti ma poste in relazione attraverso la distribuzione e alcuni ambienti a uso condiviso.
Nel quartiere Krutenau, nel centro storico di Strasburgo, un piccolo intervento misto di residenze e spazi di lavoro completa uno degli isolati medioevali bordati dall’asse viario di Boulevard de la Victorie. L’operazione rientra in un piano promosso dalla municipalità per valorizzare dieci piccoli ambiti urbani liberi, dislocati all’interno del territorio comunale. I siti sono divenuti oggetto di un concorso di progettazione che prospettava l’edificazione di nuove volumetrie secondo parametri prefissati dall’amministrazione. Le soluzioni dovevano infatti rientrare nel quadro di una serie omogenea di realizzazioni, capaci di insediare programmi misti nei minuti lotti, rinnovare la tipologia residenziale e adottare tecnologie eco-compatibili. La piccola torre proposta dallo studio Dominique Coulon è uno dei progetti emersi dalla competizione. Nonostante l’esiguità delle dimensioni del progetto, si può parlare di torre, visto lo svolgimento prettamente verticale della volumetria. Sul sedime di forma trapezoidale, il disegno insedia un programma ibrido di casa-lavoro, distribuito su sette livelli e concluso alla sommità da un orto urbano e una piscina biologica.
Una geometria rettangolare con tetto a falda è la sintesi grafica del concetto di abitare, riconoscibile a ogni età e in qualsiasi contesto culturale. Da questo semplice segno prende le mosse il progetto di CEBRA Architecture per il nuovo centro per bambini e adolescenti a Kerteminde, in Danimarca. La composizione contratta dei volumi riunisce, figurativamente e funzionalmente, più case isolate in un unico congegno. Il rivestimento si estende sulle facciate in armonia con il gioco compositivo: i fronti che mostrano la configurazione a falda sono caratterizzati da una finitura in assi di legno, mentre i fianchi, concepiti come estrusione della sagoma primitiva, sono rivestiti di lamelle in cotto, montate su un’orditura di supporto. Alla base della concezione spaziale dell’organismo c’è l’ambizione di realizzare un complesso in grado di incoraggiare le relazioni sociali tra i giovani abitanti e allo stesso tempo di accomodare i loro bisogni individuali.
L’edificio narra il tentativo riuscito di trasformare un deposito di tram in polo multifunzionale, senza rinunciare alla vocazione trasportistica dell’area. Il complesso occupa un lotto che, stretto tra due strade ad alto scorrimento e un fascio di binari ferroviari, era da sempre considerato troppo rumoroso per l’insediamento di abitazioni. Nel 2007 una cooperativa di cittadini ha sostenuto l’obiettivo di impiantare sopra il deposito un complesso misto di residenze e servizi, ottenendo dall’amministrazione la disponibilità dell’area. La progettazione è stata affidata tramite concorso a Müller Sigrist Architekten che ha sviluppato un impianto ibrido e vitale; una roccaforte contemporanea protetta dalle pesanti infrastrutture, ma allo stesso tempo connessa al contesto, attraversata e vissuta da abitanti e cittadini. Grazie alle aree pubbliche a diverse quote, alla pluralità di varchi, collegamenti, affacci e alle numerose funzioni presenti, l’edificio agisce come corpo poroso e permeabile.
Lungo la sponda sud della Sprea, in pieno centro a Berlino, sorge un complesso abitativo che dal corso d’acqua prende il nome, restituendo una porzione di arenile attrezzato per il libero uso di abitanti e avventori. L’organismo, suddiviso in tre edifici distinti, nasce dalla collaborazione tra altrettanti gruppi di progettazione, ciascuno dei quali ha curato la realizzazione di uno dei blocchi. Il programma insediativo ha mirato alla realizzazione di un segmento urbano socialmente equo, economicamente stabile ed ecologicamente responsabile. I volumi sono disposti a formare un ambito all’aperto parzialmente intercluso, una sorta di corte alberata, attraversata da percorsi pedonali che dalla città conducono alla sponda del fiume. In corrispondenza della riva, la corte si apre su una spiaggia pubblica; su questa si affacciano un giardino d’inverno e un rimessaggio per imbarcazioni sormontato da una terrazza pubblica.
Wohnprojekt è il nome di un’associazione nata con l’intento di avviare nella città di Vienna una sperimentazione residenziale basata sull’auto-promozione, sulla collaborazione tra coabitanti e su principi di sostenibilità economica e ambientale. Il risultato è un complesso abitativo di nuova costruzione che dal 2013 ospita una comunità di 67 adulti e 25 bambini. L’edificio rientra in un programma urbano di trasformazione dell’area della Nordbahnhof, che si va configurando come nuovo polo residenziale e terziario della città, e si distingue per il discreto risultato architettonico e per il positivo bilancio di un’operazione condotta attraverso la diretta partecipazione dei futuri abitanti. L’edificio si configura secondo un impianto elementare e monolitico cui operazioni compositive per sottrazione, lo schema aleatorio delle bucature, la presenza di balconi a tutti i livelli, la doppia altezza su pilotis al piano terra e l’irregolare sviluppo dell’attico assicurano plasticità e levità.
Il progetto Jardin Divers si trova nel cuore di Montreuil, un comune di circa 104.000 abitanti situato a nord-est di Parigi, dove è molto diffusa una cultura della partecipazione pubblica e delle politiche abitative. L’intervento è costituito da 26 alloggi distribuiti all’interno di due edifici tra loro paralleli, un edificio ad angolo con affaccio su strada e un edificio a ballatoio arretrato, connessi tra loro da una corte centrale. Gli alloggi si distinguono per flessibilità e varietà, con cinque tagli diversi distribuiti su tre livelli. Tre dei ventisei alloggi totali sono stati acquistati dall’associazione Habitat et Humanisme e destinati ad edilizia sociale secondo tre modalità: affitto con contratto a lungo termine, affitto temporaneo per situazioni di emergenza e affitto condiviso da una utenza intergenerazionale per accoglienza di famiglie e singoli in fase di integrazione. In un contesto caratterizzato da tipologie edilizie eterogenee, l’uso del rivestimento cementizio e del ritmo dei tetti a doppia falda determina una nuova quinta urbana più continua ed uniforme. Oltre allo spazio verde della corte, sono presenti altri due giardini pensili sui tetti: il più grande (270 mq) si trova sul tetto dell’edificio a ballatoio ed ospita un’area ad orto sociale, mentre il secondo (90 mq) occupa l’area ad angolo dell’edificio su strada.
Il Boonself Youth Apartment è una residenza temporanea per un’utenza giovane, situata nel quartiere West Pingfangqiao di Pechino, nel distretto Chaoyang, il più ricco e popoloso della città con i suoi 3,6 milioni di abitanti. L’intervento nasce dalla riconversione di un edificio inutilizzato e dismesso che avrebbe dovuto accogliere spazi ricreativi per un parco uffici, in un lotto compreso tra il Yaojiayuancun Park e il Chaoyang Sports Center. L’edificio esistente, dalla forma compatta rettangolare, si sviluppa per circa 12.000 mq su tre piani fuori terra ed un piano interrato. Gli spazi si articolano intorno al grande atrio centrale alto 16 metri, che funge da catalizzatore di luce zenitale. In corrispondenza dell’atrio, al piano interrato, si trova una vasca incassata, originariamente adibita a piscina termale. La riqualificazione del corpo di fabbrica esistente viene combinata con l’innesto di una serie di funzioni pubbliche e collettive nella parte interrata, mentre i piani superiori sono destinati agli alloggi.
Il quartiere Skid Row, nel cuore della Downtown di Los Angeles, è la zona con la maggiore presenza di migranti e senzatetto degli Stati Uniti. Qui, nel 2014, l’architetto Michael Maltzan ha completato l’edificio Star Apartments, il terzo di quattro edifici per residenze sociali realizzati in collaborazione con lo Skid Row Housing Trust, un organismo privato che si occupa di garantire e gestire le abitazioni a fini sociali. Gli alloggi sono destinati per la maggior parte a persone anziane con problemi di salute. Per questo motivo, il programma comprende una serie di servizi che vanno dall’assistenza medica a spazi comuni, dalla cucina all’orto condiviso. L’edificio si sviluppa su sei livelli. Il piano terra è ottenuto inglobando gli edifici commerciali esistenti. In tali spazi sono collocati gli uffici della Los Angeles County Department of Health Services’ Housing for Health Division, un centro di assistenza medica, un ufficio e 25 posti auto.
Intercultural living è un progetto per edilizia residenziale sovvenzionata realizzato a Vienna, nel quartiere Zwischenbrücken, nei pressi del Bednar Park. Il complesso si sviluppa su una superficie di 9.323 mq e ospita in totale 96 alloggi, oltre ad 8 mini-uffici e 2 locali commerciali. Gli alloggi si sviluppano su sei livelli, in due edifici distinti. L’edificio rettangolare più piccolo (Haus 1) distribuisce intorno ad un corpo scala centrale un totale di 24 appartamenti, di cui 11 sono appartamenti-studio alti 4 metri che caratterizzano i fronti dei lati corti dell’edifico con alte finestre e logge esterne. Il secondo edificio (Haus 2), più grande a “L”, è costituito da 72 appartamenti di dimensioni varabili, accessibili da 4 corpi scala. Le tipologie di alloggi proposte sono destinate ad un’utenza proveniente per il 30% da contesti migratori di 26 paesi differenti.
ARGOMENTI
– Student Housing: prospettive e sperimentazioni. i seminari strategici dell’ANCE- Pag. 108
– Rigenerazione e riuso degli immobili della Difesa. I beni demaniali fra cultura, ricerca e innovazione – Pag. 111
– A Home for All: Six Experiments in Social Housing – Pag. 112
– Cantieri interrotti, architetture incompiute. Aggiornamenti – Pag. 114
– Gabor Acs, architetto della Società Generale Immobiliare – Pag. 118
LIBRI – Pag. 122
NOTIZIE – Pag. 124
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