Questo secondo numero della rivista dedicato al Portogallo (vedi l’industria delle costruzioni n. 405/2009) offre uno spaccato dell’attuale produzione architettonica in un paese dove, nonostante la crisi economica iniziata nel 2008, è ancora possibile rintracciare validi elementi di qualità e occasioni di sperimentazione. Dopo il rapido sviluppo, grazie agli aiuti comunitari degli anni precedenti, il settore delle costruzioni portoghese è infatti il primo a subire una battuta d’arresto. Il fermo del settore delle opere pubbliche ha conseguenze drammatiche su tutte le attività, inclusa la produzione degli studi professionali di architettura e di ingegneria. Una crisi che si ripercuote anche nella diminuzione delle iscrizioni degli studenti nelle rispettive Facoltà producendo una ricerca sempre più frenetica per incontrare nuovi sbocchi professionali sul mercato internazionale. La dimensione demografica di dieci milioni di abitanti, comparabile a quella di una grande città, con un territorio ancora periferico rispetto ai più importanti paesi e centri metropolitani dell’Europa, lasciano intravedere le difficili condizioni di competizione in un’economia globale governata da logiche di mercato in cui le grandi potenze determinano equilibri e tendenze. L’ultimo grande progetto a scala territoriale, la Metropolitana di Porto (1999-2005), coordinato da Eduardo Souto de Moura e con la partecipazione di altri 11 architetti oltre ai gruppi di specialisti, rappresenta il canto del cigno di quella che potremmo definire la realizzazione di un’idea di città contemporanea rapportabile alle aspettative di quella parte del Movimento Moderno che aspirava al progetto dal cucchiaio alla città. Un progetto che questa volta, senza sbandierare ideologie sociali, riporta l’architettura al centro della costruzione della città attuale sia nella sua collocazione di disciplina autonoma che nella dimensione collettiva responsabile della modificazione e della qualità dell’ambiente artificiale. Un progetto che applica un metodo di lavoro appreso in una pratica continua e che sintetizza i caratteri distintivi di una Scuola. L’apertura, quest’anno, del Museu dos Coches a Lisbona, progetto parzialmente realizzato, il cui autore è Paulo Mendes da Rocha (un altro Premio Pritzker che parla portoghese) con la collaborazione del giovane e bravo architetto portoghese Ricardo Bak Gordon, alimenta un processo storico di contaminazione culturale che rappresenta un ulteriore carattere della produzione architettonica degli ultimi anni. I progetti presentati in questa selezione rappresentano una piccola parte di una qualificata e più ampia produzione che, pur nei limiti di una condizione economica di grande austerità, testimonia della vitalità e delle capacità espressive dell’architettura portoghese più recente.
ARCHITETTURA PORTOGHESE CONTEMPORANEA – Pag. 4
Michele Cannatà e Fatima Fernandes
Nel 2003 la municipalità di Chaves commissiona ad Álvaro Siza la progettazione della Fondazione dedicata al celebre concittadino Afonso Nadir, pittore e architetto fra i più rilevanti del Novecento portoghese. La nuova Fondazione è stata recentemente inaugurata. L’edificio occupa un sito pianeggiante di 17.000 metri quadrati, contraddistinto da una forma rettangolare allungata, stretto tra il centro storico di Chaves e il fiume Tamega. L’edificio, a un solo livello, con una superficie di 2.500 metri quadrati, si snoda per tutta la lunghezza del sito, presentando una pianta rettangolare che accoglie diverse torsioni e profonde asole. A sud Siza posiziona l’auditorium per circa 100 persone, il blocco dei servizi e la biblioteca; a nord la caffetteria, le due gallerie espositive, l’archivio, le sale studio e gli uffici e, all’estremo nord, l’ultimo atelier di Afonso Nadir.
Nell’incontaminato paesaggio dell’alto Alentejo, il Torre de Palma Wine Hotel è frutto della riconversione di un complesso rurale in sistemazione turistica di alto standard. Il progetto di João Mendes Ribeiro si alterna tra ristrutturazione edilizia, design d’interni, nuove edificazioni e ridisegno del paesaggio, generando un insieme vario ma morfologicamente organico. Laddove possibile le strutture esistenti sono conservate, le costruzioni ex-novo assumono invece una doppia valenza: estensioni interamente originali si accostano a sostituzioni di porzioni edilizie del nucleo nativo non più servibili. Il complesso preesistente ospita le principali funzioni per l’accoglienza e la permanenza del pubblico: la hall d’ingresso, il bar, la zona benessere e gli alloggi mentre i fabbricati di nuova edificazione accolgono il ristorante e le cantine vinicole.
Il complesso alberghiero sorge alla periferia di Évora, nell’entroterra del Portogallo, ed è stato inaugurato nel 2013 a firma di Josè Carlos Cruz. L’Ecork Hotel, che si sviluppa su un’area di circa 6300 mq, si contraddistingue per un’architettura essenziale dal carattere introverso, che si staglia sul paesaggio rustico circostante. Purezza, semplicità e sobrietà sono i caratteri fondamentali del complesso, realizzato con materiali e tecniche proprie del mercato edilizio locale tradizionale. L’albergo è costituito da un edificio principale, in cui sono collocati tutti i servizi comuni, e da 56 suites indipendenti, che si sviluppano autonomamente dal corpo architettonico cardine a formare un micro-tessuto urbano. Questa disposizione si ispira al tradizionale borgo medievale dell’Alentejo, caratterizzato dalla giustapposizione tra il complesso principale del castello e diversi edifici bianchi attorno a esso. A sottolineare il carattere di fortezza, la piastra quadrata dell’edificio maggiore, su due livelli, è parzialmente circondata da un flusso d’acqua.
La Piattaforma per le Arti e la Creatività costituisce una nuova identità nel paesaggio urbano della storica città portoghese di Guimarães e rappresenta l’opportunità per il recupero e la riconfigurazione di parte del tessuto consolidato in cui si inserisce. L’area di progetto è collocata in una posizione privilegiata corrispondente alla zona dell’antico mercato comunale, nei pressi della piazza Toural e di alcuni edifici degli anni Trenta. Il programma di trasformazione del mercato in uno spazio polivalente dedicato alle attività artistiche, economiche, culturali e sociali prevede il recupero di due edifici esistenti e la realizzazione di un nuovo volume. Alla scala urbana la Piattaforma si compone di tre volumi distinti che circoscrivono un grande spazio pubblico, articolato su due livelli, cui è affidato il compito di ricucire la quota urbana inferiore a ovest e quella superiore a est.
Il Convento das Bernardas in Algarve, a Tavira, progettato da Eduardo Souto de Moura tra il 2006 e il 2009 e completato nel 2012, è il riuso di un grande edificio ex-monastero ed ex-fabbrica ora convertito in un complesso di residenze di diverso taglio e dimensione. Posto in un’area pianeggiante leggermente rialzata rispetto alle saline presenti nel luogo, Il Convento das Bernardas si presenta come un insieme di edifici che delimitano una corte rettangolare. Il colpo d’occhio restituisce un’immagine compatta, esaltata dalla scelta cromatica di trattare i prospetti con una tinta molto simile ai toni calcarei delle saline. A una visione ravvicinata i dettagli delle facciate rivelano la sedimentazione e la stratificazione di diverse epoche. All’interno della corte il grande specchio d’acqua della piscina a pianta quadrata riflette i fronti degli edifici e gli alberi.
L’opera si trova ai margini del centro storico e prevede la riutilizzazione di un edificio già presente sul luogo e la costruzione di un nuovo volume per un centro scolastico con 3 sezioni di scuola materna e 12 aule destinate alle elementari. Il terreno previsto per l’ampliamento è fortemente condizionato dalla preesistenza, ma anche dalla geometria irregolare dell’area, dalle differenze altimetriche tra le diverse zone e dalla vicinanza a una fonte monumentale e a un edificio religioso di pregio architettonico. I diversi elementi hanno richiesto una particolare attenzione soprattutto per quanto riguarda il nuovo volume e la scelta dei materiali utilizzati. Il risultato garantisce una giusta integrazione con il contesto, dotato di grande visibilità all’interno dell’area urbana. L’architettura evoca gli stilemi del modo di costruire nell’area del Mediterraneo per l’impostazione generale che tiene conto del contesto e della memoria dell’architettura portoghese.
L’edificio si colloca nella provincia di Viseu, centro del Portogallo del nord noto per la produzione vinicola. In pianta il disegno della spezzata, che caratterizza la sua forma, deriva dallo studio delle curve di livello del promontorio. Un intervento minimale che si inserisce nel contesto naturale imponendo e mantenendo una nuova orizzontalità artificiale. Particolare attenzione è stata posta sull’aspetto paesaggistico dell’intervento. Il volume dell’edificio è compatto e definito superiormente da una conclusione orizzontale netta. Il piano di copertura non presenta nessun tipo di volume accessorio che intralci la vista o il movimento. L’altezza dell’edificio è contenuta nella misura di un solo piano, all’interno del quale si sviluppano, in lunghezza, gli spazi necessari alle funzioni richieste.
L’edificio oggetto del progetto di Byrne sorge su una superficie artificiale costituita da un criptoportico della metà del I secolo, su cui sorgono la chiesa del XVII sec. e il palazzo vescovile, in una configurazione a corte, chiusa a ovest dalla loggia del XVI sec. L’intervento nasce come studio delle trasformazioni del complesso vescovile susseguitesi nel corso dei secoli, identificandone le singole “individualità” per rielaborarle all’interno di un progetto unitario. Gli interventi più importanti sono concentrati nell’ala nord-ovest del complesso, riportando la frammentarietà della successione degli spazi a una concezione più unitaria espressa in facciata mediante forme elementari riconoscibili e tramite l’uso di un materiale lapideo che ne esalta la purezza formale.
La residenza è situata ad Alcácer do Sal, cittadina portoghese di origine romana nel distretto di Setubal. Commissionata dalla Santa Casa della Misericordia, la residenza, destinata ad anziani autosufficienti e parzialmente autosufficienti, sorge in un’area di margine al confine tra un’ampia zona verde non ancora urbanizzata e il tessuto di espansione più recente della città. Il lotto è in pendenza e si apre verso alcuni edifici esistenti che vengono a far parte del nuovo sistema edilizio. La posizione e le caratteristiche del sito suggeriscono ai progettisti di lavorare su un unico volume. Monolite murario scolpito, che delimita e definisce lo spazio aperto organizzando così l‘intero lotto, l’edificio è pensato come un “percorso” che si snoda in diverse direzioni sorgendo naturalmente dalla topografia accidentata del terreno.
L’intero complesso, bianco e geometrico, si connota per l’essenziale semplicità di un’architettura minimalista che si manifesta anche come reazione alla società dei consumi, contrassegnata dalla materialità, l’eccesso, l’apparenza e l’esteriorità. Un mondo segnato dallo spreco per proporre, al contrario, l’oggetto architettonico privato da ogni ornamento. Il minimalismo ricerca la vera essenza dell’architettura, ciò che è autentico e essenziale. Nell’architettura della Chiesa è presente una forte sintonia tra le forme religiose archetipiche e l’immagine minimalista. La chiesa e il centro parrocchiale si compongono a formare una pianta a C, il tutto pensato in stretta relazione con il paesaggio e la natura dell’intorno, per divenire una sorta di landmark nel panorama cittadino. Le mura, quasi impenetrabili, suscitano interesse e invogliano il fedele a entrare accompagnandolo verso l’ingresso, un basso e ampio portale.
La presenza intensa dell’Oceano Atlantico, la forza rude della scarpata stratificata, la spiaggia di ciottoli e la presenza di terreni agricoli costituiscono il luogo di questo progetto di Paul David. Un luogo che l’architetto portoghese ha assunto a paradigma profondo per tutta la sua architettura, che fa del confronto con la natura e con il paesaggio un momento simbiotico dell’azione progettuale e che non teme il confronto e il dialogo con il contesto. Un lungo muro in pietra lavica delimita il nuovo intervento mediando il passaggio tra il mare e l’alta scarpata. Non si limita a fare da rude contrafforte alla montagna ma ne ammorbidisce i contorni, proteggendo un percorso di mezzacosta e ospitando tutte le funzioni ludico-balneari richieste dal tema progettuale. L’uso dei conci in pietra vulcanica richiama quelli dei numerosi terrazzamenti che caratterizzano il paesaggio agricolo dell’isola stabilendo così un profondo legame, anche culturale, con il luogo.
ARGOMENTI
– Le Corbeau/Le Corbu, un ciclope nel XX secolo – Pag. 94
– Dante Bini, architetto innovatore- Pag. 97
– Formazione Ricerca produzione. Un volano per la trasformazione del territorio parigino – Pag. 102
– Progetti d’acqua. Renzo Piano Building Workshop – Pag. 106
– Iran. Città Percorsi Caravanserragli – Pag. 110
LIBRI – Pag. 111
NOTIZIE – Pag. 114
INDICE – Pag. 119