Influenzate dai casi sempre più numerosi di intervento sull’esistente, le ultime tendenze architettoniche manifestano una profonda attenzione per la materia come prodotto significativo dei processi della storia. L’archeologia, fatta di stratificazioni, di scavi dentro il passato, privilegia un tipo di spazio dove dominano i principi del vuoto e della sottrazione.
Le architetture selezionate in questo numero aprono il campo a ricerche che pongono al centro del loro operare i diversi temi delle piattaforme archeologiche, dell’architettura storica, degli innesti tra tessuti antichi e nuovi, del riuso dell’architettura militare e industriale. Tra le sfide più interessanti sono da menzionare le opere la cui finalità è rivelare le tracce del passato, dare significato ai principi insediativi, accogliere il presente come avviene nell’intervento realizzato da Tony Girones per l’Adattamento delle rovine di Can Taco(54). Coraggiosa e innovativa, la scelta progettuale è quella di salvaguardare e rimarcare le tracce presenti nel territorio antropizzato con una forza che fonde insieme ambiente costruito e naturale, archeologia e nuovo.
Il restauro della Chiesa di Corbera d’Ebre a Terra Alta, Tarragona, (58) progettato da Ferran Vizoso offre interessanti riflessioni sul tema della materia come preservazione della memoria. L’obiettivo di trasformare la chiesa in sala pubblica polifunzionale e al tempo stesso tenere in vita un simbolo della guerra civile spagnola porta a risolvere l’intervento con la costruzione di una copertura trasparente. Scopo dell’innesto del presente nel passato è mantenere in vita un manufatto e renderlo di nuovo funzionale per la comunità. L’intervento di riqualificazione dei granai abbandonati e dei forni industriali a Snape per trasformarli in spazi per la musica (68) dimostra come sia possibile coniugare un perfetto recupero della memoria industriale del sito e costruire nuovi spazi pubblici per la città.
LE ROVINE E IL CORPO DELL’ARCHITETTURA – Pag. 4
Antonello Marotta
Nel golfo di Roses a Empúries, nella provincia di Girona, Lola Domènech e un team di archeologi hanno realizzato un intervento di restauro e di rinnovo del foro romano. La prima fondazione risale al II secolo a. C.: un castrum che aveva la funzione di controllare e dominare il territorio. Il progetto ha operato per eliminare le superfetazioni e rivelare la sua struttura urbana. Attraverso accurate indagini storiche si è deciso di ristabilire la spazialità realizzata durante la fase augustea, quando il foro subisce alcune modifiche, che riguardano l’accesso ai locali commerciali, con la costruzione di un portico a U sul lato sud e di una basilica. La scelta progettuale è tutta incentrata per rendere leggibile l’intervento e per ristabilire i giusti livelli archeologici.
Situato sulla confluenza dei fiumi Congost y Mogent e Besós, il sito è caratterizzato dalla presenza di una domus romana appartenente al II secolo a. C.
Toni Gironès interviene sui ruderi romani compiendo alcune scelte fondamentali: quella di considerare l’area d’intervento in un’accezione più ampia, che unisce l’evoluzione del contesto urbano, fortemente industrializzato, e di operare con mezzi necessari per fare emergere le tracce del passato.Un bosco di querce fa accedere, tramite un sentiero sinuoso, alle terrazze archeologiche, modellate da muri costruiti con strutture metalliche, che sono state rese solide grazie a blocchi di pietra, recuperate da un’antica cava romana. Gironès opera sull’archeologia incorporando più dimensioni ambientali e materiali. Il sito emerge come un basamento scavato e plasmato dal senso del muro e la domus appare nella sua conformazione spaziale.
A Terra Alta, nella provincia di Tarragona, Ferran Vizoso e Núria Bordas hanno realizzato un intervento di grande intelligenza e respiro: il restauro della Chiesa di Corbera d’Ebre. La chiesa durante la Guerra Civile ha subito profonde ferite in seguito ai bombardamenti che hanno minato le strutture della copertura. Il concorso prevedeva la rifunzionalizzazione a sala pubblica polifunzionale. L’obiettivo degli architetti è stato quello di evitare la ricostruzione e il restauro delle lacune, perché tale scelta avrebbe portato come conseguenza quella di perdere per sempre la memoria della distruzione operata durante la Guerra Civile. Il progetto è consistito nella realizzazione di una copertura leggera in materiale plastico che ha salvaguardato la straordinarietà spaziale del rudere. Se l’esterno ha mantenuto la sua corporeità, è l’interno quello che rivela la forza di uno spazio concluso e aperto verso il cielo, con la presenza delle volte crollate e delle superfici degli intonaci consunte.
Nel Nord Africa, a Ceuta la presenza di antiche rovine ispano musulmane del XIV secolo ha visto un intervento di grande interesse, con la realizzazione di una biblioteca pubblica. Paredes Pedrosa Arquitectos operano sul sito archeologico costruendo un involucro articolato, che si adatta e si plasma per aderire alla topografia complessa della città. L’area archeologica è stata protetta e salvaguardata all’interno della biblioteca. Uno spazio gigante difende i resti ispano musulmani per tre livelli, generando uno spazio di rispetto su cui si affacciano gli ambienti di lettura. Il volume della biblioteca si adatta alla irregolarità del sito e mostra tutta la sua ricchezza spaziale. Un basamento in cemento armato diventa il motivo narrativo del progetto. Esso modella e ancora l’architettura alla topografia irregolare della città. Il trattamento delle superfici esterne a brise soleil ha la funzione di mitigare la temperatura e calibrare l’ingresso della luce. L’esterno appare così come una membrana sensibile alla luce, che nel toccare terra si trasforma in una roccia scavata e plasmata.
Il complesso di Santa Chiara è composto dal convento delle Isabelline, dalla Chiesa seicentesca, oggi sconsacrata, e da un corpo di fabbrica novecentesco, che ha assolto sino agli anni Sessanta la funzione di ospedale cittadino. In stato di abbandono sino al 2000, il complesso ha visto l’intervento di recupero da parte dell’architetto Giovanni Maciocco. Il primo obiettivo per il progettista consiste nel recuperare la struttura storica superando un’idea convenzionale di restauro, ma soprattutto, nel collegare i diversi livelli della città storica, aprendo un’antica porta a mare che conduceva al porto. Il risultato è stato l’apertura degli spazi interni ed esterni alla città, con la funzione di Polo universitario del Dipartimento di Architettura. La chiesa è stata trasformata in biblioteca, con un sistema innovativo di percorsi contenenti i libri, che conducono alle sale lettura poste nei locali al primo livello del complesso delle Isabelline.
Nel Suffolk in Inghilterra è stato recentemente riconvertito un sito industriale di granai e forni, denominati Snape Maltings. Il complesso è stato trasformato in una sala per concerti e in uno spazio per spettacoli, grazie al rinnovamento di una fornace. Mentre un vecchio granaio è stato adattato in foyer con l’introduzione di uno spazio soppalcato in cemento. La dimensione industriale, con ampi ambienti a capriate, si adatta perfettamente alla funzione di spazi per la musica. Lo studio Haworth Tompkins Architects ha saputo ben interpretare l’identità del complesso e trasformarla in uno spazio per la vita contemporanea. Uno studio attento dei materiali, con l’uso di pavimenti in cemento lucidato e rivestimenti lignei, integra i laterizi consumati della fabbrica, oltre a risolvere perfettamente le problematiche acustiche.
L’intervento comprende il recupero del castello, sino a interagire con la collina tramite un itinerario museale, che coniuga l’archeologia con il paesaggio. Il mastio è la struttura che ha visto la trasformazione più forte dal punto di vista interpretativa e spaziale. La torre è stata iniziata nel II secolo e completata nella parte superiore nell’Ottocento. All’interno è stato organizzato un percorso espositivo, tramite la realizzazione di una struttura in acciaio corten che, nel salire in altezza, si adatta alla sezione più ampia del mastio. Quattro pilastri scatolari in acciaio sono stati inclinati per aderire alla rastremazione del mastio. Angonese e Scherer hanno realizzato un progetto coraggioso e, al contempo, rispettoso della memoria storica del castello, evitando pericolosi processi di mimesi con l’identità del Castel Tirolo. La struttura si sviluppa per 22 livelli, costruendo un percorso spaziale che contiene al proprio interno vetrine e luoghi con postazioni multimediali.
A Tomar, in Portogallo, lo studio Embaixada arquitectura ha recentemente completato Casa dos cubos, un intervento basato sulla relazione tra una struttura industriale, un magazzino per i cereali, e la destinazione a servizi per il monitoraggio ambientale e a uffici. L’edificio, in stato di abbandono e utilizzato con diverse funzioni, da banca a uffici municipali, ha visto pesanti modifiche degli spazi interni, che sono stati suddivisi per adattarsi alle precedenti mansioni. Gli architetti lavorano per eliminare le superfetazioni e creare un testo unitario, semplice e neutrale in grado di accogliere il nuovo intervento. La grande aula libera, contrassegnata da un tetto a doppia falda, è stata animata da un corpo complesso, magmatico che crea all’interno passaggi, cavità, volumi conclusi che si ancorano alle murazioni. Le destinazioni del nuovo intervento sono uno spazio pubblico per mostre, incontri, aule e alloggi per gli artisti invitati.
A Glasgow di fronte alla Scuola d’arte di Charles Mackintosh, che ha segnato la storia del Novecento, Steven Holl ha realizzato l’ampliamento, con un programma finalizzato a laboratori, aule per il teatro, sale per seminari e mostre, spazi amministrativi dell’accademia e un bar. L’architetto americano studia il progetto di Mackintosh, ne coglie i rapporti di altezza, dimensione e massa, ma soprattutto analizza la ricchezza spaziale e l’incidenza della luce. La prima scelta riguarda la materialità, il nuovo intervento si deve integrare chiarendo anche la distanza storica dalla preesistenza, la seconda consiste nella volontà di rendere l’ampliamento un sistema interconnesso di luoghi di apprendimento e di laboratorio. All’esterno l’uso di lastre trasparenti e satinate sancisce la natura dell’involucro, mentre all’interno la realizzazione di meccanismi di luce, tramite dei pozzi di forma conica, che contengono i collegamenti verticali, crea una straordinaria varietà di spazi pubblici.
Nell’area di dock a Ghent in Belgio, il collettivo di artisti e architetti Rotor ha realizzato un interessante intervento di riqualificazione dei Grindbakken, i depositi di sabbie e ghiaie localizzati nell’area portuale. Lungo 160 metri, il magazzino situato nell’area di confine tra terra e acqua svolgeva la sua funzione per il trasporto di materiali per la costruzione. Oggi le stanze sono state collegate, aperte per creare uno spazio sociale. L’arte diventa il motore di questo risanamento. Rotor ripensa lo spazio dei depositi come luogo per le esposizioni. Per renderlo adatto ad accogliere le espressioni del nostro tempo, lo spazio è stato unificato con una tinta bianca, in modo da essere flessibile alle diverse mostre.
Una cava estrattiva romana a St. Margarethen, nella regione del Burgenland in Austria, ha visto l’inserimento di spazi per festival lirici e per manifestazioni teatrali. E’ tra i più antichi giacimenti di arenaria, con la quale sono stati realizzati importanti edifici. Il sito è stato dal 1959 luogo di eventi legati all’arte, specificatamente per installazioni di scultura legati all’uso della pietra. Nella suggestiva cornice ambientale della cava lo studio AllesWirdGut Architektur ha realizzato un sistema di percorsi che conducono dalla quota di accesso all’area dei due auditorium: uno di ampiezza maggiore e uno più piccolo in cui si svolgono manifestazioni per ragazzi. Il percorso passerella nello snodarsi consente di leggere la complessità stratigrafica e spaziale dell’antica cava. Quando il percorso giunge sul fondo, adattandosi al suolo, si trasforma in un locale di servizio per le manifestazioni.
In Olanda, a Culemborg lo studio Rietveld Architecture-Art-Affordances ha realizzato un intervento sul Bunker 599. Il sistema difensivo era stato ideato per produrre inondazioni volontarie in grado di fermare l’esercito nemico. Il progetto per il Bunker 599, che s’inserisce in un contesto ambientale di grande pregio, è stato direzionato a relazionare l’edificio militare con il paesaggio d’acqua. Gli architetti intendono mettere in crisi la sua funzione difensiva per trasformare l’architettura in una nuova relazione con il territorio ambientale. Quindi scelgono di intervenire con un’azione artistica, un taglio netto nella massa cementizia. L’intera struttura viene sezionata e la porzione del bunker che si è inteso escludere viene eliminata per introdurre una passerella che conduce al lago. A processo concluso la struttura militare, perdendo la sua logica chiusura, acquista un nuovo significato, all’interno della storia del luogo. Visibile dall’autostrada A2 il bunker si traduce in un segno territoriale, un’architettura non più separabile dal contesto naturale.
ARGOMENTI
– Architettura finlandese 2012-2013 – Pag. 98
– Mauro Andreini. Terre di nessuno – Pag. 105
– RhOME, il progetto italiano che ha vinto il Solar Decathlon 2014 – Pag. 106
– Crematorio a Stoccolma – Pag. 110
– L’intimità popolare di Lina Bo Bardi – Pag. 112
CALENDARIO – Pag. 117
NOTIZIE – Pag. 118
LIBRI – Pag. 120
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