Il Belgio è composto da tre regioni federate: le Fiandre, la Vallonia e la città di Bruxelles; ogni regione dispone di una sua amministrazione indipendente che gestisce autonomamente le politiche di pianificazione del territorio. L’originaria struttura del territorio belga, sopravvissuta fino alla fine dell’800, si basava sulla chiara distinzione tra città e campagna. A partire dal dopoguerra questo modello si è gradualmente dissolto, fino alla fusione in un’unica realtà indistinta tra l’ambiente naturale e quello costruito. Oggi, la situazione del territorio belga, risultato di una politica urbanistica che ha favorito la frammentazione di stampo neoliberale, sta subendo un’inversione di tendenza che vede pianificatori e urbanisti impegnati a cercare di migliorarla, contenendo ulteriori speculazioni e, allo stesso tempo, sperimentando nuove strategie e modalità di intervento più sostenibili. Nel 2002, la pubblicazione del libro After-Sprawl, dell’architetto Xaveer De Geyter, contribuì, infatti, ad aprire un più ampio dibattito con la conseguente presa di coscienza dell’impossibilità di attuare una strategia tesa alla concentrazione del costruito in nuovi nuclei distinti, a favore di un’ipotesi più realistica, in grado di lavorare con le diverse condizioni date. Se nelle Fiandre si è sviluppata, nel tempo, la necessità di una densificazione sostenibile, a Bruxelles si cerca di inserire un ordine nuovo all’interno di un tessuto contraddistinto da barriere sociali e distribuzione ineguale di ricchezza culturale ed economica. In particolare, nelle Fiandre il governo sta promuovendo attraverso il rinnovo dell’offerta di mercato una nuova idea di abitare collettivo, volta a superare la produzione di case a schiera, villette unifamiliari isolate a favore di una maggiore sensibilità nei confronti della sostenibilità e del contenimento del consumo di suolo. Gli edifici raccolti in questo numero illustrano gli esempi più recenti di architettura della residenza in Belgio, con il fine di sottolineare un nuovo modo di concepire il progetto che lega le scelte formali alla coerenza delle soluzioni in rapporto all’economia delle risorse, alla qualità costruttiva e alle richieste degli abitanti. Nel Diamante fiammingo e a Bruxelles, le politiche più recenti tentano di favorire l’iniziativa dei raggruppamenti di privati al fine di sviluppare progetti collettivi promossi dal basso che propongono ipotesi di condivisione degli spazi, degli oneri e del senso di appartenenza. Il tentativo è stimolare quella parte della società che ha difficoltà a sostenere il peso economico di una casa singola, ma che, allo stesso tempo, si dimostra disposta a sperimentare nuove forme di co-abitazione.
SOMMARIO
L’ABITARE COLLETTIVO IN BELGIO. RIVOLUZIONE O TRASFORMAZIONE? – Pag. 4
Lieven Nijs
VIVERE AL PLURALE – Pag. 13
Bernardina Borra e Giampiero Sanguigni
L’intervento dello studio Matador si trova nel quartiere di Schaerbeek, in un’area problematica a ridosso della stazione di Brussel-Noord, dove coesistono, in un rapporto paradossale, la riservatezza dello stile di vita musulmano e la prostituzione da vetrina. Il progetto dello studio Matador si suddivide in due edifici residenziali distinti, realizzati in condizioni urbane molto simili: stesso orientamento, stessa topografia e dimensioni assimilabili. I due nuovi volumi sono entrambi posti in testata, nella convergenza di due quinte urbane ortogonali, e cercano di ricomporre, volumetricamente, le altezze date dalle residenze adiacenti. Sono due volumi sobri, generati dal contesto fisico e sociale in cui sono stati realizzati. Sono le prime residenze del quartiere immaginate per una cultura diversa, costruite in mattoni, come le abitazioni confinanti, ma con un colore dal tono acceso, quasi a enfatizzare le nuove necessità socio-culturali che hanno determinato le scelte dei progettisti.
I due edifici di housing sociale realizzati dallo studio META nella parte Nord di Anversa sono stati promossi e gestiti da AG Vespa, un’agenzia del comune che attua progetti di trasformazione e ri-sviluppo urbano. Si tratta di una riqualificazione puntuale, nata dal raggruppamento di lotti un tempo divisi, e immaginata per ospitare un tipo di residenti eterogenei. Visto il carattere frammentato delle aree acquisite, l’operazione ha comportato la realizzazione di un intervento complesso, capace di integrarsi con le diverse realtà in cui è inserito e di includere spazi per attività commerciali, dati in locazione in modo da rendere l’intervento sostenibile. Il piano terra su Sint Gummarusstraat è occupato da un supermercato, provvisto di un accesso delle merci su lato opposto del lotto. Le residenze sono inserite in due edifici all’apparenza diversi tra loro, ma che contengono un’organizzazione tipologica identica. Tutte le abitazioni sono distribuite su 4 piani abitativi e sono immaginate per incastrarsi alla perfezione con le quinte urbane in cui sono inserite.
Accanto a processi di cambiamento sociale di aree residenziali di alcuni quartieri di Bruxelles, quelli esterni al tracciato pentagonale su cui la città originaria era stata fondata, è incominciata un’intensa attività di conversione di aree ex-industriali, come è avvenuto nel caso delle residenze per artisti realizzate a Molenbeek in un ex-birrificio. Il Cheval Noir prende il nome dalla strada in cui si trova, all’interno di una zona della capitale in cui la principale lingua parlata non è né il vallone né il fiammingo, e la cultura prevalente è quella islamica. Gli architetti coinvolti, vincitori del concorso predisposto per la realizzazione, hanno lavorato in stretta collaborazione con l’istituto per le case sociali (Fonds du Logement), creando tipologie residenziali che fossero rispondenti agli standard proposti dall’Istituto, e, al contempo, programmate e adeguate sullo schema originale e non standardizzabile della preesistenza. Si trattava di creare un ibrido fra una tipologia regolata dalle normative e un tipo di residenza rispondente alle necessità degli artisti, creando spazi aperti e flessibili.
Il progetto dei Volt Architecten nasce dall’ iniziativa di due privati che hanno acquistato una delle numerose industrie dismesse della zona per trasformarla nella loro residenza. Su consiglio dei progettisti, vista l’abbondanza di superficie utile a disposizione (2.000 mq), i committenti hanno valutato l’ipotesi di trasformare la vecchia industria tessile in una piccola comunità capace di includere più nuclei familiari eterogenei. L’intervento base è stato quello di individuare un spazio centrale da svuotare, mantenendo la griglia preesistente di travi e pilastri in ghisa. Le diverse unità residenziali sono state poi organizzate attorno a questo cortile comune, realizzato demolendo parte della costruzione originaria. L’operazione è stata possibile perché la vecchia fabbrica, a differenza di altre costruzioni simili, non era ancora stata dichiarata edificio di valore monumentale e l’intervento, pur mantenendo inalterata la forma del volume, ha potuto intervenire sull’esistente con operazioni strategiche, mirate al comfort degli spazi e alla gestione degli accessi e del rapporto tra spazi comuni e spazi privati.
L’area di questo intervento si trova a poca distanza dalla stazione centrale di Anversa e consiste in un piccolo spazio privato e dalla forma irregolare, circondato dalle abitazioni e dagli esercizi commerciali che si affacciano sulle due strade convergenti che definiscono il lotto. L’idea di Collectief Noord è stata quella di assecondare le caratteristiche dell’area per creare una piccola comunità raccolta, formata da tre abitazioni, uno studio professionale e un giardino comune. Le nuove costruzioni hanno un lato adiacente alle pareti cieche degli edifici esistenti e sono disposte seguendo la forma del luogo, creando una disposizione a ventaglio che guarda verso il giardino. La terza abitazione, quella confinante con Lange Beeldekensstraat, è stata sopraelevata, in modo da ottenere un secondo accesso, carrabile e pedonale, che fa sì che gli abitanti possano attraversare il lotto nella sua interezza.
L’edificio multifunzionale L28 è il risultato di un concorso indetto nel 2006 dal comune di Saint – Jean, all’interno del contratto di quartiere Schelde-Maas. Il progetto deve il suo nome all’omonima linea ferroviaria metropolitana, che costeggia il sito. L’L28 nasce come perno tra un nuovo parco pubblico e le abitazioni di un nucleo urbano esistente, ed è caratterizzato da un plinto semipubblico e una torre destinata a residenze. Nella parte bassa sono ospitati un asilo nido per 28 bambini, uno spazio polivalente destinato agli abitanti delle otto unità residenziali soprastanti e un parcheggio interrato. Contemporaneamente all’intervento architettonico, immaginato come landmark e portale, è stata prevista la progettazione paesaggistica del grande parco confinante (24’000 mq). Le abitazioni della torre adottano un sistema passivo, ad alta efficienza energetica, e sono disposte intorno ad una scala centrale in modo da creare un volume molto compatto che concorre a ridurre al minimo il consumo di energia e le emissioni di CO2. La torre contiene quattro appartamenti medio-grandi, due monolocali e due duplex. L’adozione di un sistema strutturale puntiforme in cemento armato ha permesso un certo grado di flessibilità nella disposizione degli ambienti domestici.
L’intervento dei Dmva si trova in un ex quartiere industriale, costruito durante il XIX secolo lungo il canale che porta da Mechelen a Lovagno. Il progetto è il risultato di un concorso indetto dal Comune di Mechelen, che richiedeva la realizzazione di un comparto residenziale di 10 abitazioni. Lo studio di progettazione ha proposto una dimensione abitativa che ricorda vagamente la forma della città storica, un intervento in cui le abitazioni su tre livelli sono posizionate in modo da generare un’ampia gamma di spazi semi-privati, suddivisi in ambiti e quote diverse. L’incredibile varietà dei luoghi ha bilanciato la dimensione collettiva dell’intervento, creando residenze che, pur essendo realizzate con lo stesso linguaggio e gli stessi materiali, mostrano un’identità propria e configurazioni sempre nuove Gli architetti raccontano il progetto partendo dall’interpretazione dello “spirito originario” dell’area, dalla volontà di preservare la memoria della fabbrica preesistente utilizzando materiali dal carattere industriale in quelle parti che ricalcavano il perimetro del vecchio fabbricato.
Il Zennetuin (il giardino del fiume estinto della “Piccola Senna”) è un intervento misto, che comprende un edificio residenziale e un nuovo spazio pubblico che ricalca il percorso del vecchio bacino. E’ stato realizzato nel quartiere di Molenbeek, in una ex-area industriale, circondata da un paesaggio urbano eterogeneo: magazzini, blocchi di appartamenti, edifici pubblici e vecchie fabbriche. L’incarico per la progettazione è stato assegnato attraverso un concorso, nel cui bando era richiesta la collocazione di due abitazioni in corrispondenza dell’ingresso del giardino pubblico. B-architecten ha immaginato una struttura capace di ospitare tre appartamenti e il portale di accesso al nuovo spazio pubblico, sviluppato con la consulenza Fondu Landscape Architects. La realizzazione di un’area verde e di un piccolo edificio residenziale al di sopra di uno spessore di fatto intoccabile, costellato dai resti della vecchia struttura industriale è stata la condizione con cui i progettisti si sono dovuti confrontare.
La Maison des Femmes si trova a Schaerbeek, in un quartiere storico incluso in un’area problematica e multiculturale, dove convivono, senza integrazione, la cultura islamica e alcune comunità provenienti dall’Est Europa. La Casa delle Donne nasce come sostituzione di un edificio preesistente e crollato nei mesi precedenti la redazione del bando di concorso, proprio nel periodo in cui l’Amministrazione stava valutando la possibilità di un restauro o di una demolizione. E’ nata in questo modo la Maison des Femmes, uno spazio multifunzionale in cui sono state concentrate attività aperte a tutti – il piano terreno, leggermente sfalsato rispetto alla quota della strada, ospita un piccolo esercizio di ristoro – e funzioni più specifiche, destinate esclusivamente ad un tipo di pubblico femminile. L’idea dell’amministrazione era quella di creare un centro di sostegno alle donne, capace di innescare un’integrazione culturale in un quartiere in cui il ruolo della donna, vista la provenienza degli abitanti, è fortemente legato alla dimensione domestico-familiare. Il progetto è stato pertanto pensato nel rispetto delle culture originarie, le sale per i corsi e i laboratori si trovano in uno spazio semi-interrato, che guarda verso un giardino interno, realizzato ad hoc attraverso lo sbancamento di una parte del terreno, mentre il centro di assistenza e supporto psicologico è stato collocato al primo livello, in una zona più riservata.
Il co-housing di Vinderhoute nasce dall’iniziativa privata di 17 famiglie molto diverse tra loro per età, professione e numero di componenti. Insieme hanno scelto di rilevare la proprietà di un ampio terreno nelle vicinanze di Ghent: una grande villa la cui gestione, da parte di un unico privato, era diventata economicamente insostenibile. Lo studio Stramien è stato incaricato di progettare delle case a impatto energetico minimo, che permettessero uno stile di vita condiviso, e, allo stesso tempo, dessero agli abitanti la possibilità di scegliere il livello di privacy ottimale, nell’ottica di un risparmio in termini di consumi, costi di costruzione e spese necessarie per la manutenzione del giardino. Le nuove abitazioni sono 17, di cui 11 passive e 6 a basso impatto energetico. Ogni costruzione è impostata su misure standard, in modo da minimizzare il costo dei materiali, quello della costruzione e della manutenzione.
La cittadina di Sint Niklaas ha mantenuto nei secoli un’identità propria, fatta di un tessuto urbano minuto ed eterogeneo, generato dalla dimensione stessa delle piccole imprese private che si sono succedute nel suo territorio. Si tratta del contesto ideale per descrivere la dimensione abitativa tipica del Belgio: quello della casa unifamiliare con giardino, non lontana dai servizi offerti dal centro, disegnata dai vincoli dati dalla normativa (l’altezza del coronamento, l’inclinazione del tetto, la profondità dell’edificio). Partendo da questi presupposti, la casa realizzata dai Blaf cerca di sfruttare al meglio le limitazioni imposte, proponendo una lettura critica del contesto e del sistema normativo. La loro “provocazione” si basa su due soluzioni: la scelta di applicare una tecnologia passiva e l’inversione funzionale degli spazi privati che vengono invertiti rispetto alla configurazione abituale e spostati dal giardino privato verso l’esterno, sul fronte strada. È uno dei tanti progetti in cui lo studio di Lokeren cerca di investigare il tema dell’abitazione privata, rispetto alla dimensione e ai valori collettivi, proponendo soluzioni che riducono il consumo del territorio.
ARGOMENTI
– Integrazione ambientale ed efficienza energetica. Il Media Park “Campo dei Fiori” a Bergamo – Pag. 88
– Alessandro Anselmi. Un’unica continua linea rossa – Pag. 94
– “Riflessioni sul lago”. Concorso di idee a Varese – Pag. 102
– Alien Urbs e la pillola (rossa) di Morpheus. Mostra alla Casa dell’Architettura a Roma – Pag. 106
NOTIZIE – Pag. 108
LIBRI – Pag. 114
INDICE GENERALE 2013 – Pag. 117
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