La rete delle infrastrutture costituisce una delle principali scommesse per il futuro sviluppo delle società contemporanee, un prezioso strumento per innescare dinamiche economiche e ristabilire equilibri sociali e ambientali nella struttura articolata e complessa dei territori antropizzati, un’opportunità per migliorare le condizioni di vita, ridurre dispersione e degrado, garantire a tutti l’uso dell’intero territorio come città. In un paese come l’Italia, dove la grande ricchezza e varietà dell’ambiente sotto il profilo artistico e naturalistico si scontrano con un eccessivo consumo di suolo e una sempre maggiore fragilità del territorio, un diverso approccio nell’affrontare il progetto delle infrastrutture rappresenterebbe realmente un’occasione di salvaguardia e valorizzazione del paesaggio unitamente a una grande possibilità di rilancio dell’economia. Non ci si riferisce alle sole infrastrutture della mobilità ma anche a quelle destinate alla gestione e al controllo del sistema delle acque, alle discariche e agli impianti di trattamento dei rifiuti. Strutture dal forte impatto ambientale, economico e sociale, che, come è noto, sono un tema particolarmente sensibile nell’attuale società italiana richiedendo la definizione di strategie di carattere politico-economico mirate e un capillare lavoro di informazione e condivisione con le comunità coinvolte. Ripensare questo sistema di impianti, includendo nel loro progetto valenze formali e simboliche erroneamente trascurate, risulta fondamentale in una più ampia prospettiva di riqualificazione dei contesti urbani, di valorizzazione e tutela dell’ambiente.
Allo scopo di aprire un riflessione urgente su questi temi, in questo numero della rivista sono state selezionate infrastrutture di nuova generazione destinate ai rifiuti e al controllo delle acque. Si tratta di opere a scale diverse, in alcuni casi di ampia estensione che, al di là delle necessità tecniche e funzionali, rivendicano un proprio valore espressivo, si integrano nei contesti introducendo nuove funzioni, risanando vaste porzioni di territorio per restituirle all’uso della collettività. Se le infrastrutture per la gestione dei rifiuti, non potendo avvalersi di esempi consolidati nel corso della storia in quanto problema emergente negli ultimi anni, sono alla ricerca di nuovi paradigmi e modelli formali, le infrastrutture idriche, in particolare quelle preposte a una corretta gestione delle acque meteoriche e di scarico, si presentano in una nuova veste rispetto al passato. Non più appannaggio esclusivo dell’ingegneria sono architetture dinamiche, multifunzionali. Non solo attrezzature impiantistiche necessarie per la messa in sicurezza del territorio e la riduzione dei rischi dovuti a una cattiva gestione dei fenomeni metereologici, ma anche spazi pubblici, luoghi di incontro, parchi in grado di rigenerare aree abbandonate, ricucire l’esistente, innescare nuovi processi socio economici e culturali.
L’ARCHITETTURA DELLE INFRASTRUTTURE TECNICHE COME OPPORTUNITÀ DI RIQUALIFICAZIONE DEL TERRITORIO – Pag. 8
Martina Dedda
PROGETTARE INFRASTRUTTURE IDRICHE DI NUOVA GENERAZIONE – Pag. 66
Gaetano De Francesco
L’impianto è inserito ai margini di Roskilde, situata sull’isola di Sjælland, immersa nel verde e affacciata sul mare. L’impianto, dimensionato per accogliere i rifiuti provenienti da nove comuni limitrofi, si basa su una tecnologia di cogenerazione a vapore. Dalla combustione degli scarti sono prodotte sia energia elettrica che termica, soddisfacendo il fabbisogno dell’intero territorio di Roskilde. L’originale morfologia evoca le forme delle vicine architetture: se la parte inferiore dell’edificio ricorda il profilo delle coperture a falda degli edifici industriali limitrofi, la torre dei fumi rende omaggio alle guglie della vicina Cattedrale. L’impianto, con la sua torre che raggiunge i 97 metri di altezza, rappresenta l’occasione per definire un secondo punto di riferimento nel profilo della città, capace di divenire per i cittadini il nuovo simbolo della contemporaneità.
Il centro di raccolta dei rifiuti si trova a Feldkirch, comune austriaco di circa 32.000 abitanti situato nella regione del Vorarlberg. La capacità ricettiva del centro deve soddisfare le esigenze di 40.000 clienti all’anno, offrendo la possibilità di conferire fino a 45 tipi differenti di scarti. Il centro di raccolta si distingue dai vicini edifici residenziali per dimensione e morfologia. Un unico grande volume, dalla copertura piana, è caratterizzato da quattro differenti prospetti: alla linearità dei due fronti rivolti su strada, si contrappongono le forme arrotondate di quello rivolto verso il piazzale privato e l’andamento spezzato della facciata orientata verso la collina. Nonostante le dimensioni del centro siano preponderanti rispetto a quelle degli edifici limitrofi, la sua presenza è stata “dissimulata” dalla scelta del materiale di rivestimento delle superfici esterne. Il legno di larice, proveniente dalla vicina foresta della città di Saminatal, costituisce un involucro continuo, interrotto solo in corrispondenza dei grandi varchi di accesso e delle vetrate degli uffici.
Il complesso è organizzato in un lotto irregolare di 1.170 mq all’interno del quale sono distinte due aree. La prima, dedicata al centro di raccolta e riciclaggio dei rifiuti, è accessibile dai cittadini attraverso un ingresso carrabile posto su Lindberghstrasse; la seconda, posizionata a nord-est, è esclusivamente destinata allo stoccaggio dei container e dotata di un accesso secondario utilizzato dagli operatori. I percorsi interni carrabili sono stati organizzati, differenziati e dimensionati sia in virtù del passaggio delle vetture private degli utenti che di quello dei grandi mezzi di trasporto della società che gestisce l’impianto. L’organizzazione del complesso reinterpreta la tradizionale disposizione circolare dei centri di riciclaggio dei rifiuti di Monaco dove i contenitori dei rifiuti sono collocati attorno a un’area centrale destinata agli stalli per la sosta temporanea delle vetture. L’articolazione degli spazi per la raccolta restituisce al sistema una chiara visione d’insieme. Le funzioni del centro sono raggruppate in quattro differenti unità spaziali, distribuite su due livelli e collegate da percorsi che consentono un flusso operativo giornaliero ottimale. L’ala dell’edificio parallela a Lindberghstrasse accoglie l’area di stoccaggio dei rifiuti, il portale di ingresso e i locali tecnici.
Nel 2003 lo studio Batlle i Roig architects è incaricato da un consorzio di enti pubblici della provincia di Barcellona di risolvere le problematiche tecniche e ambientali derivanti dalla chiusura della discarica di Garraf. I lavori sono stati articolati in quattro fasi al termine delle quali l’area è stata riconvertita a parco pubblico e recuperata paesaggisticamente.Una superficie informe, dai margini non definiti e articolata in ripidi pendii, si estendeva per circa 72 ettari. Il progetto del parco pubblico si basa sulla rimodellazione del terreno: l’originale superficie è stata stabilizzata attraverso un sistema di scarpate laterali e terrazzamenti, che seguono l’altimetria “naturale”, degradando verso valle. Un percorso dalle geometrie spezzate attraversa l’intera area; a tratti, gabbie di acciaio, in cui sono stati costipati i rifiuti, ne definiscono il margine.
L’impianto di trattamento dei rifiuti della Vallès Occidental è situato a Vacarisses, in provincia di Barcellona. Il sito, nonostante la forte vocazione paesaggistica, in passato ha subito decise alterazioni topografiche e modifiche ambientali dovute alla presenza di una discarica controllata. Dal punto di vista organizzativo il progetto distingue due grandi aree per il trattamento dei rifiuti, separate da un percorso carrabile. Ciascuna area assume un’altezza e una dimensione specifica in virtù del programma funzionale che accoglie. L’attacco a terra degli edifici, articolati lungo il pendio della collina, è impostato a quote differenti assecondando l’altimetria del terreno. Il volume più alto è suddiviso in un’area di ingresso per i mezzi pesanti, una zona di manovra e scarico, la fossa dei rifiuti e lo spazio per il pre-trattamento. Nel secondo volume, oltre alla zona dei biofiltri, vi sono quelle in cui sono messe a punto le fasi di trattamento.
Il progetto risponde alle necessità organizzative-gestionali e risolve con una piccola e semplice architettura il tema della qualità formale delle costruzioni tecniche. L’impianto è organizzato in tre distinte fasce funzionali: la prima è dedicata alla zona di accumulo e separazione dei diversi metalli di scarto, la seconda coincide con il percorso di carico e scarico dei mezzi pesanti e la terza corrisponde ai due edifici riservati al personale.
Il plateau di cemento, ad una quota più alta rispetto alle strade circostanti per evitare eccessive operazioni di scavo, è volutamente progettato come spazio libero, consentendo in futuro un facile cambio di destinazione d’uso dell’intera area. Il muro di cinta segue la geometria del lotto; lungo il lato nord alcuni setti trasversali delimitano lo spazio per lo smistamento differenziato dei metalli.
A partire dal 2006, l’Olanda ha attivato il programma nazionale Ruimte voor de Rivier con l’obiettivo di ridare più spazio ai fiumi, al fine di ridurre il rischio di inondazioni. Esso ha previsto quaranta progetti, con un budget di 2,2 miliardi di euro. Tra le varie strategie vi è la costruzione di canali e terrapieni per proteggersi dalle inondazioni. All’interno di questo scenario, lo studio olandese H+N+S Landschapsarchitecten progetta e realizza a Nijmegen una delle opere più complesse previste dal piano: un canale di bypass per salvaguardare la piccola cittadina dalle inondazioni del fiume Waal. Il canale si presenta come un piccolo fiume dall’andamento asimmetrico che, nel correre parallelo alla riva Nord del corso principale, disegna i nuovi limiti dell’agglomerato storico e drena l’acqua durante i momenti di piena. Una nuova isola artificiale dalla morfologia longilinea è interposta tra il fiume e il nuovo canale di bypass, costituendo una barriera capace di contrastare il processo di erosione dell’acqua.
Nel 2015, a Quzhou City, Turenscape realizza un nuovo parco urbano di 32 ettari, sulla riva occidentale del fiume Shiliang. Il progetto nasce dalla richiesta della committenza di voler realizzare degli spazi ricreativi per un distretto urbano densamente popolato. Con l’occasione si decide di trasformare l’ansa occidentale del fiume, una pianura alluvionale abbandonata e degradata, in una infrastruttura ecologica. I progettisti propongono di realizzare una ‘spugna verde’ in grado di rinvigorire la zona umida esistente, contribuendo così alla mitigazione e alla regolazione dei fenomeni di piena e più in generale alle dinamiche dell’habitat fluviale, di offrire nuovi spazi di aggregazione ai cittadini e al contempo di integrare la produzione agricola. A partire da una topografia complessa, costituita da un terreno in arenaria rossa, dolci declivi, percorsi spontanei e frange di vegetazione ripariale, lo studio progetta un parco multifunzionale che preserva il paesaggio esistente, lo potenzia e lo arricchisce.
A partire dal 2006 l’Olanda attiva un grande piano di gestione delle acque dei fiumi contro le inondazioni: il Ruimte voor de Rivier, la cui gestione è affidata a un consorzio formato da diverse compagnie olandesi. All’interno di questo piano, West 8 e IPV Delft sono coinvolti per il progetto Depoldering Noordwaard. Noordwaard è un’area di 4450 ettari a sud di Rotterdam, nel bacino del delta del Reno. Essa rappresenta un sito chiave del progetto Ruimte voor de Rivier, uno dei 39 luoghi che hanno un ruolo strategico per la gestione delle acque dei principali fiumi dei Paesi Bassi e quindi per la sicurezza di oltre quattro milioni di persone. West 8 e IPV Delft progettano tredici stazioni di pompaggio e trenta ponti, tra cui passerelle e ponticelli, che rendono fruibile l’area in tutte le diverse condizioni di allagamento, facilitano l’accesso al pubblico, connettono le persone alla natura e forniscono nuove opportunità di svago in un quadro di gestione delle acque a lungo termine.
La trasformazione delle riserve idriche di Medellín dimostra come una serie di vecchie infrastrutture dell’acqua, perlopiù escluse dai quartieri in cui si trovano, possano diventare al contempo spazio della socialità in grado di rivitalizzare gli agglomerati esistenti, pur conservando la funzione per la quale sono nate. Si tratta del programma municipale Unidades de Vida Articulada che prevede lo sviluppo di spazi e attrezzature pubblici nelle aree che ospitano le riserve di acqua dell’acquedotto comunale e i campetti sportivi. Nato nel 2013, il progetto ha intravisto nel riuso delle vecchie infrastrutture idriche industriali l’occasione per far fronte alla carenza di servizi e spazi pubblici. Si è prevista la realizzazione di 20 Unidades: spazi della socialità, della cultura e del tempo libero, piccole attrezzature diffuse capillarmente nella città. Tutti i progetti condividono programmi misti che alla funzione infrastrutturale integrano sempre attività ludico-ricreative, culturali, commerciali e servizi.
ARGOMENTI
– Italia sicura: storia di una nuova prospettiva nella lotta al dissesto idrogeologico – Pag. 110
– Palazzo Merulana. Il nuovo centro espositivo e culturale nel quartiere Esquilino a Roma – Pag. 112
– Digital Construction. Fabbricazione digitale per l’industria delle costruzioni – Pag. 116
– Oltre il “rito ambrosiano”. Il progetto MIND per la rigenerazione dell’area Expo2015 – Pag. 118
– Costruire sul costruito. L’ampliamento di un ospedale a Køge in Danimarca – Pag. 120
– “Macroscuola”, il concorso di idee per la scuola del futuro promosso da ANCE Giovani – Pag. 122
LIBRI – Pag. 123
NOTIZIE – Pag. 124
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