Dedicato all’architettura contemporanea a Tehran, il numero presenta una selezione di opere recenti nella capitale iraniana. Un insieme di interventi diversi sia per destinazioni d’uso che per scelte linguistiche attraverso i quali ci si interroga su questioni di carattere più generale legate al rapporto tra nuova architettura e identità locali. In particolare su come modi d’uso ed elementi tipici di una cultura millenaria possano essere filtrati e aggiornati attraverso espressioni di linguaggio attuali. Su come poter conciliare istanze provenienti dalla globalizzazione e dalla necessità di aprirsi ad altre culture con la storia, le tradizioni e le condizioni climatiche; su come, infine, innovare spazi e forme dell’abitare senza rinnegare le proprie radici.Composta di tanti frammenti diversi – come sottolinea Alessandra De Cesaris nel saggio introduttivo –, Tehran è cresciuta in fretta e in modo caotico a partire dalla seconda metà del secolo scorso, individuando nel mito dell’automobile il proprio modello di sviluppo urbano. Una metropoli che ha intrapreso il processo di modernizzazione con interventi pesanti che in molti casi hanno distrutto monumenti storici e reciso i legami con il passato per produrre un’edilizia eclettica e di scarsa qualità.
Già da alcuni anni una nuova generazione di architetti, formatasi in prevalenza nelle scuole di architettura del paese dopo la rivoluzione islamica, ha avviato un’interessante azione di rinnovamento che segue due filoni principali. Il primo individua nella definizione di nuovi modelli di spazi pubblici la possibilità di favorire la socialità e migliorare la qualità dello spazio urbano nel suo insieme; l’altro sperimenta linguaggi in grado di attualizzare tradizioni, forme ed elementi tipici dell’architettura locale per rispondere a esigenze e stili di vita di oggi.
LA CITTÀ CONTEMPORANEA: LE MOLTE TEHRAN – Pag. 6
Alessandra De Cesaris
INTERVISTA A REZA DANESHMIR Ι FLUID MOTION ARCHITECTS – Pag. 22
a cura di Alessandra De Cesaris
Il sito è uno dei più importanti di Teheran, all’incrocio di Enghelab, l’asse est-ovest che taglia in due la città, e Vali-e-asr, la strada fiancheggiata da platani che si snoda per più di venti chilometri da nord a sud connettendo la città alta con la città bassa. La moschea è situata di fronte al parco Daneshju e al teatro della città, edificio emblema della cultura modernista, realizzato negli anni ‘70 dall’ultimo shah e percepito da molti come un’importante eredità di quel periodo. La soluzione proposta da Fluid Motion reinventa profondamente la tipologia della moschea così come codificata in epoca moderna a partire dalla Moschea dello Shah di Isfahan. I progettisti si rifanno alla semplicità e all’orizzontalità che caratterizza le prime moschee, in particolare la moschea di Qubāʾ, caratterizzata da una corte circondata da un muro che, in precedenza, secondo gli storici, era stata la casa di Maometto.
Il Book Garden, un grande spazio di 65.000 metri quadri che aspira a essere il più grande hub del mondo dedicato ai libri, si compone di tredici blocchi distinti tra loro, connessi su differenti livelli e sormontati da una copertura verde che si estende lungo una superficie di circa 25.000 metri quadri ancora in ultimazione. Otto dei tredici blocchi sono dedicati alle lobby e agli accessi principali e creano un grande spazio pubblico interno che consente di accogliere fino a cinquemila visitatori nelle ore di maggior affluenza. Il Book Garden è inoltre intrinsecamente multifunzionale e ospita al suo interno non solamente spazi dedicati ai libri ma cinema, auditorium, un parco della scienza dedicato ai più piccoli, gallerie d’arte e spazi espositivi. Tutte queste funzioni sono tra loro messe in relazione da una forte continuità spaziale che articola entrambi i livelli e, come affermato dai progettisti, si fonda sulla declinazione di tre concetti chiave: flessibilità modulare degli spazi, trasparenza e fluidità dei movimenti dei visitatori.
Il Tabiat Pedestrian Bridge è un ponte pedonale collocato a nord di Teheran. Il progetto nasce dalla necessità di collegare due parchi pubblici separati da un vallone di origine alluvionale in cui è collocata la Modarres Highway, una delle principali e più trafficate autostrade della città. Il ponte tuttavia non è un’opera destinata esclusivamente a congiungere due punti ma un’architettura complessa capace di ridefinire in chiave contemporanea il concetto stesso di infrastruttura. Il progetto da un lato riprende la tradizione persiana dei “ponti abitati”, dall’altro interpreta nel migliore dei modi la tendenza contemporanea secondo cui l’infrastruttura si configura come generatore urbano. La scelta di sviluppare il ponte su tre livelli ha lo scopo di creare una serie di spazi in cui luoghi attrezzati per la sosta si alternano a belvederi, bar e ristoranti, articolando uno spazio pubblico in cui la dimensione della sosta diventa di uguale importanza rispetto a quella del transito.
Orsi Khaneh, l’edificio residenziale realizzato da Keivani Architects a Teheran tra il 2013 ed il 2015, si caratterizza per un forte rapporto con il genius loci, espresso attraverso la rilettura degli elementi tradizionali dell’architettura iraniana. Il progetto, infatti, prende nome proprio dalla finestra Orsi, elemento tipico delle case tradizionali iraniane, composto da un reticolo geometrico di legno e vetri colorati, che assicurava il controllo di illuminazione e ventilazione, regolando il grado di privacy degli ambienti. A partire da questo presupposto, gli architetti riescono a riproporre il tema della finestra tradizionale con un linguaggio contemporaneo, lavorando sul rapporto tra tradizione e innovazione. La finestra Orsi viene reinterpretata attraverso il disegno, in facciata, di uno schermo in legno e vetri colorati che, in alcuni punti, può essere aperto o chiuso in modo da schermare la luce e modulare le trasparenze. Per evitare il grande assorbimento di calore causato dall’uso del vetro colorato, i progettisti hanno realizzato una doppia pelle posizionando i vetri satinati colorati esternamente e i vetri trasparenti internamente, limitando l’accumulo termico estivo ed impedendo la dispersione di calore durante i mesi invernali.
Sharifi-ha House, l’edificio residenziale realizzato da Next Office nel 2013, affronta gli aspetti tipici dell’abitare contemporaneo senza rinunciare al continuo richiamo dei caratteri fondamentali dello spazio domestico iraniano. Il progetto, infatti, attraverso il disegno di una facciata dinamica trasformabile grazie alla rotazione di tre grandi scatole lignee, mette insieme l’aspetto introverso delle architetture tradizionali delle zone caldo-secche con il carattere estroverso delle case situate nelle aree caldo-umide. L’accesso all’edificio avviene da un cortile in cui un’ampia vasca dal fondo vetrato diffonde la luce nei due piani interrati, destinati alla piscina e alla palestra; tramite una scala sospesa si accede al primo dei quattro piani residenziali, i primi due destinati alle attività pubbliche della famiglia, gli ultimi due alla vita privata. Lo spazio aperto, che nella casa tradizionale è situato sempre al centro dell’abitazione, protetto dal resto della città, è qui reinterpretato nel progetto di un grande vuoto a tutta altezza su cui si affacciano gli spazi dell’abitare; il tema del giardino, invece, viene riletto sia nel progetto del cortile, riprendendo l’elemento della vasca, che nel disegno del verde in copertura.
L’Imam Reza Complex si colloca in un tessuto fortemente costruito lungo il grande asse viario di Enghelab, una delle maggiori arterie stradali della capitale iraniana che taglia la città longitudinalmente per circa cinque chilometri. La prima cosa che colpisce mentre ci si avvicina all’area che ospita il complesso è la singolare forma della copertura che evoca l’immagine di un paio di mani intrecciate e che vuole simboleggiare l’intenzione degli architetti di fare di questo edificio un polo di incontro-interazione per i differenti gruppi sociali e culturali che popolano quest’area della capitale. A questo scopo quello che i progettisti realizzano è uno spazio multitasking che accoglie sotto lo stesso tetto diverse funzioni – una moschea, una galleria d’arte, un bookstore/caffetteria, un anfiteatro e un’area con postazioni multimediali – ed è in grado di attirare differenti cicli di utenza.
Il centro è situato nella zona sud di Teheran, in una zona di fabbriche industriali, alcune delle quali dismesse, caratterizzata da una crescita urbana caotica. Proprio a sud dell’area di progetto di proprietà del comune vi erano alcuni manufatti industriali e un giardino con alberi centenari che sono stati immessi nel disegno dello spazio aperto. Una serie di vincoli quali la dimensione rettangolare dell’area, insieme alle norme comunali che regolano i distacchi dai confini, l’obbligo di realizzare una zona verde e la presenza di acqua sotterranea che impediva di realizzare più di due piani interrati, ha orientato i progettisti verso il disegno di un edificio sviluppato in altezza. In questa lama lunga cento metri e larga venti sono state organizzate le varie funzioni richieste: sul lato est quelle culturali e su quello opposto le sportive, al centro invece un grande vuoto che mette in comunicazione l’ingresso principale con il giardino esistente.
A ridosso delle montagne al nord di Teheran, in un’area stretta tra il Mellat Park e la Niayesh Highway, prende posto il Mellat Park Cineplex, l’innovativo multisala progettato dai Fluid Motion Architects. Il progetto si snoda su un lotto dalla forma allungata e irregolare, ricalcandone l’andamento longitudinale. Da un lato la grande dimensione, le linee fluide e i materiali grezzi denunciano prepotentemente la presenza dell’edificio nel paesaggio; dall’altro la continuità con i percorsi del parco e la vista delle montagne sullo sfondo lo integrano perfettamente nel contesto. E’ tra discordanza e integrazione, modernità e tradizione che si gioca tutta la composizione architettonica. Le quattro sale cinematografiche, collocate al piano terra e al seminterrato, disposte a due a due l’una di fronte all’altra, si trovano strette tra i due blocchi di testata, adibiti a funzioni amministrative e servizi, e sono collegate da un sistema di passerelle curve che definiscono lo spazio e plasmano le facciate.
ARGOMENTI
– Architettura come impegno civile. I memoriali di Oscar Niemeyer – Pag. 92
– Ettore Sottsass alla Triennale di Milano – Pag. 95
– Comunicare la democrazia. Una mostra a Palazzo Montecitorio a Roma – Pag. 98
– Fare cittadinanza con la bellezza. L’esperienza di Librino in Sicilia – Pag. 102
– Utopie radicali a Firenze – Pag. 104
NOTIZIE – Pag. 108
LIBRI – Pag. 112
INDICE 2017 – Pag. 113
PANTOGRAFO – Pag. 121
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