Di poco inferiore a quello dei comuni di Roma e di New York, lo sviluppo territoriale di Hong Kong si distingue per l’altissima densità dovuta alla concentrazione degli insediamenti urbani nel solo 13% della sua estensione. In continua crescita e con uno scenario figurativo unico al mondo, Hong Kong è la città più verticale del pianeta. La sua particolarità è frutto tanto dalle condizioni fisiche e geografiche, quanto del suo essere luogo di incontro tra due culture diverse come quella orientale e quella occidentale. Questi fattori hanno determinato un modello di crescita urbana in cui convivono il grattacielo più audace e sorprendente con interventi di recupero e rigenerazione di aree ed edifici esistenti. La condizione di città cinese anomala, dovuta alla storia e al suo legame con l’Europa, hanno, infatti, negli anni recenti, spinto l’amministrazione di Hong Kong ad implementarne lo sviluppo culturale puntando non solo sulla sua attrattività sul piano commerciale, ma anche sulle sue capacità di richiamare un turismo colto attraverso la valorizzazione dei luoghi storici. Le architetture selezionate in questo numero rappresentano l’ esito di questa volontà politica che, individuando nella città l’ambito migliore per sviluppare sapere, identità e cultura, orienta i programmi di investimento immobiliare verso la trasformazione e il recupero del patrimonio esistente. A testimonianza di questo nuovo orientamento, le azioni di riuso di alcune singolari strutture antiche e recenti, come il recupero dell’ex magazzino esplosivi dell’Ammiragliato britannico trasformato nell’Asia Society Hong Kong Center e la riqualificazione dell’aeroporto Kai Tak ad opera di Foster and Partners.
I BASTIONI DI ORIONE – Pag. 4
Aldo Aymonino
HONG KONG RECUPERA HONG KONG. POLITICHE RECENTI DI SVILUPPO METROPOLITANO – Pag. 16
Gianluigi Mondaini
OTTO DOMANDE A ROCCO YIM – ROCCO DESIGN ARCHITECTS – Pag. 28
Intervista a cura di Paolo Bonvini e Gianluigi Mondaini
Lo studio Foster and Partners nel 2010 vince il concorso internazionale per la costruzione della nuova “porta” di Victoria Harbour. L’edificio occupa la porzione terminale di quella che un tempo era la pista 13 dell’aeroporto. Il terminal è capace di ospitare due navi da crociera lunghe 360 metri ciascuna e oltre 6000 tra passeggeri e membri dell’equipaggio con una capacità di movimentazione di 3000 passeggeri all’ora. La dimensione longitudinale vince su quella trasversale, dal momento che la struttura è lunga 850 metri e profonda soltanto 70 metri. La megastruttura urbana si sviluppa su tre piani e culmina con un camminamento pedonale sulla terrazza, aperto sulla città. All’interno dell’edificio sono inserite, tra l’area di sbarco e le sale d’attesa, le corsie per le auto.Gli spazi destinati al transito dei passeggeri sono attentamente studiati per garantire la facilità di orientamento e di deflusso. Il nuovo hub crocieristico, oltre ad assolvere alle funzioni di terminal, è diventato un nuovo centro all’interno della città.
Il progetto del Chu Hai College of Higher Education è stato sviluppato tenendo in considerazione le fondamenta esistenti, costruite precedentemente per la realizzazione del progetto a firma dello studio Olandese OMA. Rocco Yim, in collaborazione con Arup, ha quindi elaborato il suo intervento partendo dallo stato di avanzamento dei lavori anche in una logica di contenimento dei costi. L’edificio è composto principalmente da un grande podio al piano terra e da due grandi parallelepipedi che si fronteggiano, interconnessi da tre ponti. Al centro del complesso vi è una piazza dalla quale si gode un’incredibile vista verso l’oceano enfatizzata anche dal grande ponte posto a sud-ovest che crea una cornice, esaltando il contesto naturale circostante. Il risultato è una riuscita composizione volumetrica ad alta densità che ospita circa 4.000 persone tra studenti, personale accademico e amministrativo, su una superficie complessiva di 26.500 mq.
L’intervento di retrofit dell’ex-edificio industriale situato alla Wai Yip Street 133, realizzato dagli architetti dello studio MVRDV sul lungomare Kwun Tong di Hong Kong, si inserisce all’interno di un ampio piano di trasformazione e sviluppo urbano che mira alla conversione del quartiere post-industriale di East Kowloon nel nuovo polo direzionale e degli affari della città di Hong Kong chiamato “CBD2”. Il progetto, commissionato nel 2013, attualmente risulta essere uno degli interventi più importanti realizzato nel quartiere di East Kowloon, divenendo un ponte tra le radici industriali dell’area e il suo futuro metropolitano. La superficie totale dell’intervento è di 18.000 mq e le destinazioni d’uso presenti all’interno dell’edificio sono prevalentemente uffici, locali commerciali e spazi per la ristorazione.
L’edificio, una torre alta 15 piani dalle linee fluide, emerge entro i confini del campus universitario della Hong Kong Polytechnic University. Al suo interno, 15.000 metri quadri ospitano la sede della Hong Kong Polytechnic University School of Design e del Jockey Club Design Institute for Social Innovation. L’edificio si articola in studi di design, laboratori e atelier, aree espositive, aule polifunzionali, sala conferenze, organizzati attorno a patii e spazi comuni usati per attività informali. La circolazione interna dell’edificio diventa il luogo di mediazione tra spazi pensati per la didattica frontale e ambienti idonei allo svolgimento di attività multidisciplinari. Una grande rampa inserita in uno spazio cavo centrale rappresenta il perno della composizione su cui si affacciano i ballatoi di distribuzione delle aule.
Un nuovo edificio per la didattica e l’amministrazione nel Campus di Kowloon della City University di Hong Kong è stato completato per mano dell’architetto Ronald Lu nel 2013. La nuova struttura comprende aule, laboratori didattici e di ricerca, sale multifunzionali, aree comuni, uffici amministrativi, una grande sala conferenze, una mensa e un giardino pensile. Quattro principi fondamentali hanno guidato l’articolazione del progetto in relazione alle caratteristiche del sito: formare una forte connessione tra il complesso dei dormitori situati a monte sulla collina e il Campus principale a valle; realizzare un giardino pensile che possa attraversare come un ponte orizzontale il sito in pendenza per recuperare il rapporto con il verde esistente; sollevare il piano terra dell’edificio per migliorare la permeabilità e la fruizione dell’ambiente naturale a livello della strada garantendone la continuità; tener conto dell’orientamento dell’edificio rispetto alla Lion Rock, famosa struttura rocciosa di Hong Kong.
Il nuovo Centro, inaugurato nel 2012, è situato su un terreno scosceso che ospitava quattro edifici militari costruiti dall’esercito britannico alla metà del XIX secolo per la produzione e lo stoccaggio di esplosivi e munizioni. All’inizio del XX secolo il sito fu ampliato dalla Royal Navy e successivamente abbandonato negli anni ’90, fino a quando il governo di Hong Kong lo concesse alla Asia Society. Su questo sito in abbandono nel 2001 venne indetto un concorso internazionale per la progettazione del nuovo centro con l’obiettivo di preservare gli edifici storici adattandoli a nuovi usi. Grazie al progetto vincitore degli architetti Williams e Tsien si è riusciti a realizzare un vivace centro culturale in grado di ospitare ricercatori, seminari, conferenze, svariati programmi culturali, mostre d’arte, performance e film, mediante una combinazione di conservazione, riutilizzo adattativo e nuova costruzione.
Gehry ha lasciato il suo segno a Hong Kong realizzando per Swire Properties, un grande gruppo immobiliare locale, una torre per appartamenti di lusso, con viste mozzafiato sulla città e la baia. La torre si erge da un’area praticamente inedificata, lungo le pendici del Monte Cameron. Gli Opus Apartments rappresentano un compendio dell’approccio al progetto e all’invenzione di Gehry e di alcuni suoi temi di ricerca, di cui la torre rappresenta un’evoluzione. Nel caso degli Opus Apartments abbondano i riferimenti al mondo naturale. La parte basamentale viene definita da Gehry come “la cava” e questo spiega la sua conformazione a gradoni e le forme cubiche dei blocchi dei due appartamenti organizzati in duplex. I pilastri ritorti e curvi, denunciati in facciata, sono concepiti come giunchi mossi dolcemente dal vento con funzione strutturale. Infine, la forma degli appartamenti viene paragonata da Gehry a quella di un fiore, dove i petali che si dipartono dallo stelo sono i singoli ambiti domestici, con le proprie forme, dimensioni e sporgenze, che compongono le unità abitative, ognuna leggermente diversa dall’altra mano a mano che si sale verso l’alto e con le proprie aperture caratteristiche verso il paesaggio.
Il nuovo Istituto per il Design, dimensionato per ospitare circa 4.000 studenti, si configura come una nuova centralità urbana per l’intero distretto in quanto potenziale generatore di nuove categorie di utenti. La sua conformazione planimetrica determina la formazione di spazi pubblici e aree attrezzate. L’attacco al suolo, in forma di podio, è infatti conformato in modo tale da definire luoghi adatti all’interazione sociale, differenziati per dimensione e per elementi di connotazione. Si viene così a creare un ampio spazio urbano in grado di favorire incontri e scambi che consente il collegamento diretto con l’intorno urbano e con le altre aree pubbliche. L’intervento si compone dunque di un podio, di due volumi prismatici e di una piastra sospesa incastonata su di essi.
Il complesso colpisce per la leggerezza e l’eleganza delle sue volumetrie, per la sua capacità di leggere e interpretare il contesto. Rocco Design propone una rivisitazione del centro commerciale del recente passato, immettendo superfici trasparenti laddove venivano usate superfici esclusivamente opache su volumetrie monolitiche. Partendo dalla “dinamicità” e “trasparenza” come parole chiave della reinvenzione tipologica, Rocco Yim veicola la frenetica energia che scorre lungo le vie di Tsim Sha Tsui all’interno del suo edificio, riformulando lo spazio commerciale in una nuova tipologia decisamente più accattivante. Oppone all’opacità dell’anti-città la trasparenza che, al contrario, esalta i flussi e la vertigine della città, sovrapponendo con abilità compositiva una serie di volumetrie che permetteranno in trasparenza di vedere i movimenti degli utenti. L’articolata volumetria del complesso si compone di tre parti diverse, un podio comune e due volumi verticali di cui il primo, quello angolare, caratterizzato da scatole sovrapposte, restituisce le altezze dei volumi circostanti con un’ottima capacità di relazione contestuale, mentre il secondo permette di evidenziare, con la sua notevole altezza, la partecipazione dell’edificio alla nuova verticalità di questo vitale centro urbano.
Il Run Run Shaw Creative Media Centre è una struttura universitaria che fa parte della City University of Hong Kong, realizzato nel 2008 dall’architetto Daniel Libeskind in collaborazione con Arup per la parte di ingegneria strutturale, civile, meccanica, elettrica e impiantistica. L’edificio si sviluppa per una superficie di circa 24.600 mq e contiene al suo interno due teatri di posa, un teatro multiuso, sale per la registrazione, uno studio televisivo, laboratori informatici, aule per la didattica e la ricerca, spazi flessibili per eventi e mostre, tre aule per conferenze, un laboratorio elettrico, uno per la lavorazione del legno e dei metalli, uno per la realtà virtuale immersiva, tre sale di proiezione e due certificate THX, un ristorante e un bar. Il Creative Media Center ospita 2.000 studenti e 500 persone fra personale docente e staff tecnico.
ARGOMENTI
– La Piazza del Vento a Genova – Pag. 106
– Invenzione e destino della palazzina romana – Pag. 110
NOTIZIE – Pag. 116
LIBRI – Pag. 120
PANTOGRAFO – Pag. 121