24 Gennaio 2023

Restauro e rifunzionalizzazione delle Procuratie Vecchie


IL PROGETTO E LE SOLUZIONI INGEGNERISTICHE

Le Procuratie Vecchie costituiscono il lato settentrionale della cortina di corpi di fabbrica affacciati su Piazza San Marco. Longitudinalmente l’edificio può essere suddiviso in due porzioni: la parte originaria tra la Torre dell’Orologio e circa la metà dell’edificio attuale, attribuita a Bartolomeo Bon e databile alla prima metà del Cinquecento, e la parte restante fino all’Ala Napoleonica, attribuita a Jacopo Sansovino. Sotto il profilo compositivo le Procuratie Vecchie sono, quindi, costituite da due maniche parallele, una affacciata su Piazza San Marco a sud e costituita dagli ambienti di maggior pregio e l’altra affacciata a nord sul Rio delle Procuratie, costituita dagli ambienti di servizio e, in generale, di minor valore. Nella porzione sansoviniana, le due maniche sono collegate da corpi trasversali che individuano quattro corti principali: da ovest verso est, la Corte dell’Arco Celeste, la Corte del Cavalletto, la Corte Maruzzi e la Corte Riva. Tra la Corte del Cavalletto e la Corte Maruzzi si trova lo scalone di impianto novecentesco che costituisce l’accesso principale all’edificio. Nell’ala attribuita a Bartolomeo Bon, le due maniche longitudinali sono separate dalla Calle del Cappello Nero che, attraversata da corpi di scavalco (c.d. “ponticelle”), risulta separata in una serie di corti minori con carattere di “pozzi di luce”. Storicamente, le Procuratie Vecchie sono state destinate a uso residenziale per i Procuratori di Venezia e, più di recente, a partire dalla metà dell’Ottocento quando le Assicurazioni Generali ne hanno progressivamente acquisito in gran parte la proprietà, a uffici ai piani superiori mentre i locali al piano terra sono stati destinati a esercizi commerciali. Il progetto di riqualificazione delle Procuratie Vecchie è il risultato del concorso di progettazione che ha visto come vincitore David Chipperfield Architects e i suoi consulenti, con Arup incaricata della progettazione ingegneristica dell’intervento. Il progetto aveva lo scopo di valorizzare il palazzo nella sua funzionalità e negli ambienti destinati a uffici e convertire gli spazi del terzo livello a funzione espositiva, a uso della fondazione “The Human Safety Net” (THSN). Il progetto di Chipperfield ha costituito una variante e un’integrazione a una serie di interventi preesistenti già in corso di realizzazione, che prevedevano il restauro dell’edificio e una serie di interventi strutturali e impiantistici per la rifunzionalizzazione dell’immobile.

Scorcio della corte Maruzzi, la scala centrale e enfilade di archi negli spazi di The Human Safety Net

Consolidamento statico e sismico

Dal punto di vista normativo-strutturale le opere si sono configurate come un intervento di miglioramento sismico. A integrazione di quanto richiesto dalle NTC 2008, poiché l’edificio è un bene tutelato e di grande valore storico, la progettazione e, in particolare, le verifiche di sicurezza statica e sismica sono state sviluppate sulla base delle Linee Guida per la valutazione e riduzione del rischio sismico del patrimonio culturale, di cui alla Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri dell’ 8 febbraio 2011, sotto gli auspici degli artt. 29 e 30 del Codice dei beni culturali e del paesaggio (D. Lgs. 42/2004). La necessità di verifica del livello di sicurezza dell’edificio è stata strettamente collegata alle esigenze di trasformazione funzionale dell’immobile. Tale trasformazione ha costituito un’opportunità per definire un nuovo uso degli spazi, così da consentire di pianificare contemporaneamente nuovi interventi di riparazione, consolidamento e rinforzo dell’edificio. Sebbene relativamente diffuse, le nuove opere possiedono un carattere di rinforzo e miglioramento esteso dell’edificio senza intervenire con una modifica sostanziale della fabbrica strutturale e del suo comportamento globale. Inoltre, la particolare natura dell’immobile, la necessità di calibrare gli interventi di rinforzo in una logica di massimo rispetto delle preesistenze storiche e la complessità compositiva generata dalle stratificazioni, hanno portato alle decisione di effettuare la valutazione della vulnerabilità sismica dell’immobile con un approccio dinamico non lineare, per geometria e materiali, con un’analisi per integrazione diretta delle equazioni del moto (c.d. “al passo”) o “con time-history” (utilizzando il codice di calcolo “LS-DYNA”). Le caratteristiche del codice di calcolo utilizzato, nato per l’analisi meccanica di sistemi complessi a comportamento fortemente non-lineare, hanno permesso di simulare la reazione delle strutture sottoposte a un evento sismico tenendo conto di molteplici elementi. A titolo esemplificativo, a valle di numerose analisi di sensitività e di calibrazione, sono stati inclusi nel modello di calcolo le chiodature tra gli elementi lignei principali, le catene d’acciaio tra i maschi murari e la presenza o meno di adeguato ammorsamento tra pareti perpendicolari. Il risultato di questa dettagliata attività di analisi è stato l’intervento di rinforzo puntuale della struttura nelle regioni vulnerabili, con una significativa riduzione degli interventi, non solo a vantaggio dell’impegno economico ed esecutivo ma anche a tutela del valore storico dell’immobile. In particolare, gli interventi sulle murature sono stati calibrati per risolvere problemi di capacità portante o di instabilità fuori dal piano, nella maggior parte dei casi con soluzioni in intonaco di calce idraulica naturale armato con rete in fibra di vetro e collegata al supporto mediante connettori e fazzoletti di rinforzo.

Verifiche statiche e sismiche sull’edificio prima dell’intervento di consolidamento

Efficienza impiantistica e conservazione storica

Sulla base dei presupposti architettonici e strutturali si innesta la sfida dell’integrazione degli interventi impiantistici ed energetici. La complessità è stata ulteriormente enfatizzata dalle condizioni d’uso, che coniugano spazi utilizzati come uffici e ampi spazi destinati a funzioni espositive e congressuali direttamente al di sotto della copertura a falde. Per quanto sin qui esposto, l’intervento non poteva che porsi come un recupero organico di tutto l’edificio. I punti chiave della progettazione integrata condotta sono stati: le strategie energetiche e di sostenibilità, la limitazione dell’impatto sull’ambiente circostante e il comfort interno, mediante l’integrazione architettonica e la flessibilità. Attraverso una modellazione energetico-ambientale dettagliata, sono stati individuati i punti più delicati su cui focalizzare l’attenzione, ovvero i muri perimetrali non massivi e la copertura a falde con i grandi lucernari. Le condizioni ambientali si ponevano nell’ottica di un percorso esperienziale per l’utente, la cui sensazione di comfort percepita doveva essere mantenuta e valorizzata nel passaggio dall’esterno di Piazza San Marco all’interno dell’edificio climatizzato, attraverso un percorso che passa dai portici ombreggiati, al vano scale di nuova realizzazione fino all’ingresso ai piani della fondazione THSN. Tutte le centrali sono state ripensate eliminando completamente l’utilizzo di combustibili fossili: i sistemi a pompe di calore elettriche previsti offrono il vantaggio di una generazione più performante e sostenibile e allo stesso tempo consentono di ottenere un sito Carbon Neutral nel cuore della città di Venezia. Il ricorso a sistemi di tipo polivalente, inoltre, migliora ulteriormente l’efficienza delle macchine, recuperando il calore altrimenti disperso, per generare acqua calda contemporaneamente alla produzione di acqua refrigerata. Con l’obiettivo di limitare l’impatto sull’ambiente circostante, nessuna centrale impiantistica è installata in esterno.
L’involucro ha l’effetto di controllare l’impatto acustico nei confronti degli immobili adiacenti, anche attraverso l’impiego di “trappole acustiche” in corrispondenza delle aperture di facciata. Sulle falde invece è stata utilizzata una soluzione permeabile che ne ricrea la geometria e si mimetizza con i coppi per garantire il necessario afflusso d’aria alle macchine che ne hanno necessità. Infine, gli spazi all’interno della Fondazione THSN sono molto differenti tra loro ma, grazie all’accurata modellazione energetica, è stato possibile progettare soluzioni ad-hoc per ciascuna zona, compatibilmente con le caratteristiche dell’edificio storico e i vincoli da esso imposti. Contestualmente, gli impianti sono stati integrati quanto più possibile all’interno delle “strutture di pelle” dell’edificio, perfettamente coinvolti nel processo progettuale-architettonico. Nonostante la finitura possa far pensare diversamente, proprio il pavimento diventa lo spazio privilegiato per le distribuzioni: le predisposizioni di elettricità e dati sono installate in “boccole” disegnate su misura e incassate al suo interno; i ventilconvettori sono del tipo a incasso a pavimento, corrono lungo le pareti principali e sono dotati di una griglia di copertura realizzata su misura per coprire anche le distribuzioni elettriche a pavimento; luci, diffusione sonora, rivelazione fumi sono alloggiati in binari elettrificati installati secondo un passo regolare lungo le falde di copertura; gli elementi a vista puntuali sono installati a parete e le vie cavi accuratamente nascoste dietro i conci di muratura; le distribuzioni del sistema di spegnimento sono di diametro estremamente ridotto, trattandosi di un sistema di tipo watermist, con ugelli di piccole dimensioni installati in ambiente. Le canalizzazioni, che solitamente sono gli elementi di maggior impatto, sono state gestite anch’esse secondo una logica di forte integrazione: il progetto ha teso a minimizzare le distribuzioni aerauliche, potendo sfruttare le importanti aperture disponibili nelle murature trasversali e gli spazi a doppia altezza. L’auditorium, da ultimo, ha seguito un percorso progettuale opposto, essendo servito da un impianto a tutt’aria dedicato, diviso su due unità di trattamento aria separate per ragioni di installazione interna, ma anche di flessibilità di utilizzo. Il percorso delle canalizzazioni è stato nascosto fino all’ingresso della sala, transitando in controsoffitti e spazi di servizio all’interno delle falde minori dell’edificio. All’interno dell’auditorium i canali di distribuzione sono, invece, diventati parte integrante del progetto architettonico e sono stati realizzati a vista con una micro-foratura per la distribuzione ad alta induzione dell’aria trattata.

A sinistra: la nuova scala; a destra: il volume centrale rinnovato

LE SFIDE DEL CANTIERE

Per la loro ubicazione e l’indiscutibile pregio architettonico, il restauro e la rifunzionalizzazione delle Procuratie Vecchie hanno rappresentato un’importante sfida anche per le imprese realizzatrici: SACAIM Spa di Venezia e Rizzani de Eccher di Udine. L’intervento, eseguito tra il 2017 e il 2022 e che ha sfiorato i quarantacinque milioni di euro, ha riguardato la redazione del progetto esecutivo e le seguenti macro-attività: demolizioni, interventi di rinforzo strutturale, vasche per il contenimento delle maree, nuovi collegamenti verticali, nuovo auditorium, nuovi impianti centralizzati e infine il restauro conservativo delle superfici di pregio dei locali interni e delle facciate. Lo sviluppo dell’edificio ha imposto, già in fase di gara, una continua valutazione e adattamento dei sistemi operativi per tenere in giusta considerazione le esigenze nei confronti tanto delle attività commerciali e culturali con gli importanti flussi turistici del luogo, quanto delle necessità del cantiere. La piazza accoglie circa 28 milioni di persone all’anno e alcune scelte sono state obbligate anche a causa della difficoltà di accesso al complesso; il rio retrostante, per le dimensioni ridotte, permetteva il transito per gli approvvigionamenti di cantiere solo a piccole imbarcazioni, mentre il vasto bacino di San Marco risultava lontano 300-400 metri dal cantiere. Tale distanza è stata dunque percorsa esclusivamente con mezzi manuali o piccoli carrelli gommati trainati da motrici elettriche. Inoltre, visti i flussi turistici, i volumi delle varie movimentazioni, comprendenti materiali ma anche mezzi e attrezzature (circa 20.000 mc), sono stati trasportati esclusivamente durante le fasce orarie consentite e programmate dalle 22 alle 7.

Logistica

Il susseguirsi delle attività, in rapporto soprattutto alla loro necessaria contemporaneità, ha imposto una rigorosa organizzazione per la movimentazione e l’approvvigionamento non essendo disponibili aree di stoccaggio, se non uno spazio di circa 90 mq, occupato in parte da un elevatore a cremagliera. L’attento planning mensile e giornaliero, coordinato da figure preposte, ha permesso la presenza media di circa 100 uomini-giorno, per una resa ottimale nell’esecuzione di lavori in rapida successione. In alcuni casi, proprio per la mancanza di spazi, è stata necessaria la dislocazione fuori dell’area di cantiere di tutte quelle lavorazioni eseguibili anche in altre sedi, come ad esempio il restauro degli infissi, la realizzazione dei gradini delle nuove scale in calcestruzzo e il loro rivestimento in pastellone, ecc.

Veduta del campanile di piazza San Marco dal cantiere e il sistema di controventatura durante la demolizione per i nuovi collegamenti verticali

Opere strutturali

Tra le opere strutturali che hanno caratterizzato l’intervento, soprattutto sotto l’aspetto organizzativo e logistico, per le difficoltà già descritte è da evidenziare il sistema di “vasche per il contenimento delle maree” necessario, in quasi tutti gli interventi a Venezia, per preservare i locali del piano terra dal fenomeno degli allagamenti per le maree anomale. Come noto la quota della Piazza San Marco, e pertanto delle Procuratie Vecchie, è la più bassa di Venezia; mediamente i piani pavimentali di calpestio variano dai +80 ai +90 cm sul livello del mare con riferimento alla quota rilevata alla punta della Salute, riferimento mareografico dell’Ufficio Maree del Comune di Venezia. Pertanto, a tutela dei nuovi ambienti restaurati, è stata progettata e realizzata una vasca per il contenimento delle acque alte fino a una quota di +200 cm sullo zero mareografico. L’impermeabilizzazione orizzontale prevede una membrana bentonitica posta sotto la nuova platea anti-galleggiamento, realizzata in cemento armato con l’impiego di calcestruzzi molto performanti, sia per la composizione (es. cementi pozzolanici), sia per la tipologia di impasto e additivi, consentendo ritiri compensati durante la fase di maturazione e impedendo così eventuali fessurazioni che avrebbero compromesso la permeabilità dei getti. Dando continuità all’impermeabilizzazione delle platee, in verticale è stato posato un intonaco fibrorinforzato con funzione impermeabile atto a contenere la spinta idraulica negativa. Nei varchi, per consentire l’accesso nelle condizioni normali, sono state inserite delle paratie mobili in acciaio inox. La realizzazione del sistema delle vasche per il contenimento delle maree è stata il risultato finale di un complesso di varie attività, non ultima quella relativa allo scavo archeologico assistito, che hanno dovuto adeguarsi per tempistiche e sospensioni alle condizioni metereologiche: le lavorazioni al di sotto del battente d’acqua sono state soggette, infatti, alle alte maree non eccezionali che interferivano quasi quotidianamente con i lavori. Ricordiamo che negli ultimi vent’anni mediamente la marea ha superato la quota di +80 cm per ben 106 volte all’anno e gli interventi sopra descritti si impostavano a una quota di circa +30 cm.

Nuovi collegamenti verticali

In base al nuovo assetto distributivo previsto dal progetto, sono stati riadattati e realizzati ex novo otto ascensori e dieci vani scala, con adeguamento normativo per la prevenzione incendi e per le varie prescrizioni autorizzative. Per la promiscuità delle aree e per i noti problemi logistici, ma soprattutto per le difformità degli elementi portanti rinvenuti, l’intervento ha implicato una controventatura provvisoria eseguita mediante carpenteria metallica che consentisse, durante le demolizioni dei solai interferenti, di mantenere in sicurezza i paramenti murari fino alla realizzazione delle nuove strutture portanti. Queste demolizioni controllate in alcuni casi si sono estese su tutta l’altezza dell’immobile, lasciando libere le murature perimetrali, anche per tratti molto rilevanti, con le opere di smontaggio che avvenivano in progressione con la costruzione dei nuovi setti in muratura e delle nuove strutture in legno portanti per le scale e in acciaio per i vani ascensore.

Nuovo Auditorium

Nello spazio al terzo piano che si affaccia sulla piazza è stato realizzato il nuovo Auditorium, una sala per circa 230 posti a sedere con una superficie di circa 300 mq. L’area era stata oggetto di un intervento novecentesco che aveva inserito delle strutture in cemento armato comprendenti un solaio intermedio, dei pilastri e delle travi reticolari a sostegno della soletta di copertura in laterocemento. La demolizione controllata, con il vincolo del paramento murario adiacente alla piazza, mediante cerchiatura e ancoraggio alle strutture interne, ha consentito di realizzare la nuova sala nella massima sicurezza, sfruttando tutta l’altezza del locale, attraverso la rimozione anche dei pilastri intermedi. La nuova struttura portante principale è stata realizzata in acciaio, mentre in legno l’orditura secondaria; entrambe sono state attuate in elementi singoli preassemblati in stabilimento e uniti in opera mediante bullonatura non a vista; ogni capriata è stata suddivisa quindi in cinque conci che, per peso e geometria, potessero essere atti alla movimentazione e sollevamento attraverso la calle interna, senza mezzi di sollevamento particolarmente prestazionali.

Restauro conservativo

Gli apparati decorativi di pregio interni all’edificio sono riferiti alle stanze del primo piano, ai locali della Presidenza e ad alcuni altri al secondo piano, sempre con affaccio sulla piazza. L’intervento ha riguardato in particolare i dipinti murali di fine Ottocento e alcune porzioni di stucchi di pareti e soffitti che presentavano numerose parti ammalorate. Le operazioni hanno comportato il consolidamento dall’intradosso dei soffitti e il fissaggio delle parti distaccate; in alcuni casi, dove il degrado riguardava la sottostruttura a sostegno dell’apparato decorativo, sono stati eseguiti consolidamenti estradossali all’incannucciato mediante il ripristino dello strato di rinzaffo con calce naturale e inserimento di nuove fasce di fibra di acciaio galvanizzato. In alcune stanze, dopo la demolizione dei moderni controsoffitti, sono stati rinvenuti solai lignei decorati, su cui si è operato prima con un intervento di recupero attraverso integrazioni degli elementi lignei e delle stuccature, poi con il restauro delle decorazioni delle travi, dei tavolati e dei regoli esistenti.

Finiture tradizionali e innovative

Particolare attenzione è stata posta nelle finiture seguite direttamente dallo Studio DCA di Milano. L’elaborazione della scelta finale è passata attraverso diversi mock-up anche fuori del cantiere, numerosi approfondimenti tecnici per la realizzazione dei portali ad arco in pietra bianca ricostituita negli spazi espositivi della Fondazione THSN. Si inserisce nella tradizione, attraverso una sapiente rivisitazione, l’impiego del pastellone delle sale espositive, posato mediante spatolatura come da consuetudine, ma il cui impasto, steso su sette strati, è costituito da terre naturali, polveri di marmo, leganti naturali ed epossidici. La posa è stata estesa alle nuove scale e ai pianerottoli fino a ricoprire i gradini prefabbricati. Tutte le superfici delle aree espositive, dei vani scala e dei locali sono state realizzate in marmorino tradizionale con l’utilizzo di diverse miscele nelle sfumature di colori tenui. La tecnica, per la realizzazione di nuovi elementi in pietra ricostituita, ha interessato anche le lastre della pavimentazione dei rivestimenti dei due lastricati solari in copertura, realizzata mediante semina di laterizio e coppo frantumato per uno spessore di circa 15 mm, eseguito fuori opera in lastre a casellario. Gli elementi sono stati gettati e levigati su supporti in pietra ricostituita di diversa granulometria per uno spessore dai 20 ai 30 mm. La complessità della realizzazione che il progetto e la collocazione dell’edificio hanno richiesto, soprattutto per la diversità dei materiali usati, la ricercatezza delle finiture, la rilevanza dell’intervento impiantistico, la costruzione di tre depuratori interrati e la mediazione vigile per il rispetto delle tecniche e dei materiali tradizionali delle costruzioni veneziane, non hanno impedito di ottenere la Certificazione LEED Silver. La certificazione di sostenibilità e di eco-compatibilità dell’intero ciclo di vita dell’edificio, dalla progettazione alla costruzione, risulta un traguardo importante proprio per le difficoltà sopra menzionate, precipue negli interventi di restauro in edifici storici vincolati.

Questo articolo è stato pubblicato in l’industria delle costruzioni 487 -Rassegna Italiana. Restauro e riuso- settembre/ottobre 2022

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